Tamara Drewe - CIneFatti

Tamara Drewe (Stephen Frears, 2010)

Tamara Drewe e il risveglio sessuale della noiosa Dorset.

Conturbante è l’’aggettivo modellato ad hoc per descrivere Tamara Drewe. Al villaggio di Dorset la ricordavano come una ragazza disperata, ma più di tutto non riuscivano a scacciare dalla memoria il suo prorompente naso, deceduto ora sotto le armi della rinoplastica. Miracoli della chirurgia che risvegliano la sonnacchiosa Dorset.

Via dalla pazza folla di Thomas Hardy è il BANG a dare il via, romanzo del 1874 a cui si ispirò Posy Simmonds per una striscia sul Guardian, da cui poi Moira Buffini ha tratto un film inglese fin nel midollo, diretto poi placidamente da Stephen Frears.

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Un percorso mediatico in fuga dalla pazza folla e dall’asfissiante traffico di ’uomini e macchine delle città, incarnato dagli scrittori alloggianti la fattoria di Nicholas/Roger Allam, scrittore di dozzinali thriller di successo, e sua moglie Beth/Tamsin Greig.

C’è chi scrive trame LGBT, chi sogna una love story con lo scolpito giardiniere Andy Cobb (Luke Evans), chi, invece, come Glen McCreavy/Bill Camp, cerca l’’ispirazione per stendere un saggio sulla vita del suo stimato scrittore ottocentesco: Thomas Hardy.

Glen, inaspettatamente, muta a suo modo nell’osservatore impotente, nonché cuore del romanticismo di fondo della pellicola, in netta opposizione alle due ragazzine sboccate e annoiate Casey e Jody/Jessica Barden, sedute sotto la pensilina di un autobus inesistente a tramare contro gli abitanti di Dorset.

Un macro-universo da gestire

La Buffini e Frears in poco meno di due ore hanno un arduo compito da portare a termine: riuscire a raccontare non una sola storia, ma una moltitudine la cui facciata ha l’’obbligo di apparire come parte di un unico grande disegno, mantenendo una fasulla indipendenza per ogni singola sotto-trama. Non roba da poco.

Personaggi collegati tra loro dall’ambizione, dal desiderio di fuggire verso un mondo migliore, che sia fatto di fama o di umiltà; posti e animali tutti fondamentali a modo loro per la riuscita finale di Tamara Drewe. Il risultato non è un capolavoro – in particolare dal punto di vista tecnico, piuttosto anonimo, ma funzionale – bensì un esempio magistrale di pura e semplice gestione del testo narrativo di partenza.

Amore e altri tradimenti

Allo spettatore non è lasciata alcuna chance, non appena il tradimento di Nicholas verso sua moglie è scoperto, il seme del dubbio si spande. Beth spezza le proprie catene, lasciandosi andare dolcemente verso il timido e impacciato Glen, a sua volta spronato dalla sfrontatezza di Tamara verso i suoi un tempo concittadini.

Tra cui il giardiniere Andy con cui ebbe una relazione da ragazzina e ora è in conflitto per il mantenimento della casa dove lui nacque e dove lei visse. A rompere ancor più le uova nel paniere è l’’arrivo di Ben/Dominic Cooper, batterista e mente della band Swipe, e della sua improvvisa e turbolenta relazione con Tamara, oggetto dell’’invidia della piccola Jody, pronta a manipolare gli altri protagonisti per ottenere ciò che desidera più di ogni altra cosa: poter afferrare Ben e dirgli che lo ama.

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Pur presentandosi come tale, Tamara Drewe è tutto meno che una commedia degli equivoci, non ci sono grasse risate dietro l’’angolo, né tradimenti sensazionali da cui scaturiranno situazioni comiche di basso e/o alto livello.

In pieno campo aperto, senza alcuna grossa sorpresa ad attenderci, sono tutti delle pedine di un gioco che rimette in sesto i pezzi della scacchiera, per lo più riassestando l’’equilibrio dove chi merita si avvicina sempre più al bene, pagando anche un prezzo molto alto, tutto sotto l’’ombra delle gambe ben tornite della magnifica e amara protagonista Gemma Arterton, un personaggio per nulla allegro, ma incarnazione del desiderio di auto-affermazione dei pedoni in movimento dinanzi al pubblico.

Fausto Vernazzani

Voto: 3.5/5

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