Il violinista del diavolo: Niccolò Paganini secondo Bernard Rose.
Bernard Rose è stato autore, prima de Il violinista del diavolo, di uno degli horror più belli e toccanti degli anni ’90, Candyman, a cui sono particolarmente affezionato per la colonna sonora. In seguito si è dedicato prevalentemente ad alcuni liberi rifacimenti di Tolstoj prima di arrivare a dedicarsi a questo film incentrato sulla vita di Niccolò Paganini.
Per realizzare Il violinista del diavolo sono state fatte numerose ricerche su quotidiani e testimonianze dell’epoca in merito alla vita del musicista, se ne deduce quindi che la pellicola cerca di essere fedele sia ai fatti storici storici che alle leggende riguardanti l’artista.
A mancare in questo biopic è il coinvolgimento, la storia non prende e annoia in più parti, nonostante l’ottima interpretazione di Jared Harris nella parte di Urbani, mecenate di Paganini con atteggiamenti ed espressioni demoniaci. L’esempio Harris però non è seguito dai suoi colleghi, dal povero David Garrett, violinista di fama internazionale – ma non certo un attore – fino ad arrivare ad Andrea Deck, alias Charlotte Wilson, giovane amante londinese del protagonista.
Se Il violinista del diavolo non fa presa sullo spettatore è prima di tutto colpa della regia di Rose, molto superficiale e limitata al servizio della sua storia. Le scene scorrono con fin troppa tranquillità, quasi fosse un documentario incentrato sulla vita di persone comuni. Nonostante la simpatica trovata di presentare Paganini come una delle prime rockstar, Rose rovina tutto con alcune scelte non proprio vincenti e una di queste è proprio la suddetta caratterizzazione di Urbani come un Mefistofele faustiano che stride molto con il contesto.
Una tipologia di rappresentazione che alla lunga risulta anche fastidiosa, cui s’aggiunge la pur bella frase «non sono il Diavolo, io servo il Diavolo e tu sei il mio padrone» detta ad un Paganini incarcerato donando al povero spettatore l’apice della sua insofferenza.
A fare da contraltare alla deludente sceneggiatura de Il violinista del diavolo è la stupenda colonna sonora. Garrett al violino e Franck Van Der Heijden al pianoforte danno sfoggio di tutta la loro bravura e del loro virtuosismo tentando di salvare una pellicola che di salvabile, nella confezione tecnica, non ha nulla o quasi. Fantastiche le esecuzioni di Garrett/Paganini al violino con Charlotte/Deck alla voce che eseguono Io ti penso amore dando voce a un carico intero di emozioni inespresse.
Tuttavia la colonna sonora non fa il film e quindi Il violinista del diavolo resta un’opera mediocre che poteva, grazie ad una regia meno approfondita e più studiata, essere un buon biopic sulla vita di un artista che non è mai stata sfruttata come dovrebbe, esclusi il biopic di Kinski del 1989 e il trashone Paganini Horror di Luigi Cozzi dello stesso anno, dedicato, più che altro, a un suo spartito. Un’occasione persa per Rose e un nuovo (s)consiglio per CineFatti.
See You Soon.
Roberto Manuel Palo