La crisi di mezza età di Pieraccioni si manifesta in Un fantastico via vai.
Leonardo Pieraccioni, in quella che la Gialappa’s Band chiamerebbe svolta rock, prova a cambiare tutto o quasi per dare nuova linfa alla sceneggiatura sempre uguale che propone ormai da quasi quindici anni. Ecco così Un fantastico via vai. Via il collaboratore ventennale alla sceneggiatura Giovanni Veronesi, dentro Paolo Genovese, fuori gli attori amici a eccezione di Giorgio Panariello e Massimo Ceccherini, dentro Serena Autieri più alcuni giovani reclutati da uno studio di casting, a sua detta, rinomato, di Roma; mentre alla colonna sonora rimane il fedelissimo – e qui bravissimo – Gianluca Sibaldi.
Un fantastico via vai parla di Arnaldo Naldi (Pieraccioni), un quarantacinquenne con una bella moglie (Autieri) e due gemelle. Un equivoco porta la moglie di Arnaldo a cacciarlo di casa e lui si ritrova a rispondere ad un annuncio di quattro universitari che affittano casa. Questi quattro ragazzi hanno tutti le loro gatte da pelare: Camilla (Marianna Di Martino) è incinta di otto mesi e vuole tenerlo nascosto ai genitori; Marco (Giuseppe Maggio) vuole diventare chirurgo, ma si impressiona alla vista del sangue; Anna (Chiara Mastalli) ha perso i contatti con il padre investigatore (Ceccherini) e soffre del complesso di Edipo (o le piacciono gli adolescenti oppure quelli molto più vecchi di lei); Edoardo (David Sef) è innamorato di una ragazza il cui padre (Panariello) è fortemente razzista.
Nel pieno della crisi di mezza età Leonardo cerca di esplorare quello che è il mondo dei giovani universitari, idea dettata dalle numerose conferenze che ha tenuto in giro per le Università d’Italia, in una operazione nostalgia delle cose che lui stesso ha fatto e che non è più in grado di poter fare. Il suo personaggio sembra rappresentare appieno questa crisi e la nostalgia del passato è palese quando viene riproposta la leggendaria fuga dal ristorante de I laureati – solo che, mentre nel film del 1995 la fuga riesce senza problemi, nel 2013 Leonardo/Arnaldo viene colpito da reumatismi e recuperato dal ben più atletico cameriere. Nonostante il racconto fuori campo di Pieraccioni sia sempre presente, la scelta di Genovese come aiuto sceneggiatore differenzia il tipo di storie che Pieraccioni faceva in precedenza con Veronesi.
La tipologia Immaturi si nota subito, Pieraccioni dà importanza a tutte le singole sottotrame piuttosto che, come in precedenza, lasciar prevalere quella del suo personaggio puntualmente abbandonato da una donna. In Un fantastico via vai però il problema rimane sempre lo stesso: battute forzate dove non si ride vengono mescolate a perle di poesia e ad alcune gag meglio riuscite. La solita insalatona insapore che ha caratterizzato le pellicole precedenti, senza mordente, sebbene la sceneggiatura contenga frasi e scene belle e importanti. Purtroppo immerse in un marasma di inefficacia e squallore.
C’è comunque da dire che Un fantastico via vai, dopo una prima parte che lascia presagire il peggio, si risolleva con un secondo tempo molto più frizzante e divertente, fra battute che riescono a strappare l’agognato sorriso – grazie anche alla coppia/sorpresa rappresentata da Maurizio Battista e Marco Marzocca, rispettivamente Giovannelli ed Esposito, due colleghi nonché grandi amici di Arnaldo. Davvero esilaranti.
Panariello, invece, veste i panni del personaggio peggiore della sua carriera al fianco di Pieraccioni, simbolo di un razzismo dalla superficialità disarmante. Male anche i giovani attori con una menzione speciale per David Sef che, grazie alla sua espressività, potrebbe essere paragonato ad Aristotheles de L’allenatore nel pallone.
Come giustamente detto da una giornalista in sala, Un fantastico via vai è una tranquilla favoletta di Natale da gustarsi se si vuole passare una serata tranquilla al cinema dopo aver visto Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug. Nulla di nuovo sotto il sole, anche se, bisogna dirlo, l’impegno per cambiare le cose c’è stato. Aspettiamo Leonardo al prossimo appello.
See You Soon.