Il fratello più furbo di Sherlock Holmes (Gene Wilder, 1975)

di Fausto Vernazzani

Sono passati quasi quarant’anni dall’uscita di Frankenstein Junior e il 26 Novembre la NEXO Digital riproporrà il classico di Mel Brooks ideato da Gene Wilder.

Il successo all’epoca fu enorme – anche economico – per Brooks, che stando ad un’intervista recente al protagonista Wilder fu pagato cinque volte più dei due precedenti film pur di dirigere un testo non scritto da lui.

Wilder voleva eliminare la tragedia finale dal racconto di Mary Shelley e da questo concetto partiva lo spirito comico che ancora oggi funziona. Funzionò così tanto nel 1974 che Wilder ci riprovò, senza però convincere Brooks a tornare in sella e costringendo se stesso a calarsi nella divisa del regista.

Dal rosso al giallo

Dal classico dell’orrore al classico del giallo, Gene Wilder scelse di creare una storia ispirandosi ai romanzi di Arthur Conan Doyle con protagonista Sherlock Holmes e il suo fido amico il Dr. John Watson, proponendo come principale non il celebre investigatore, ma suo fratello minore, Sigerson Holmes.

In una famiglia di menti geniali dedite alla risoluzione di casi intricati, una al servizio della Corona e l’altro del proprio gusto, Sigerson non poteva che accodarsi, pur non condividendo neanche un briciolo di intelligenza con Mycroft e Sherlock.

Furbo e un po’ vigliacco, Sherlock Holmes per scampare dai riflettori di un caso intricato, decide di coinvolgere di nascosto suo fratello Sigerson/Wilder tramite il Sergente Orville Stanley Sacker/Marty Feldman, l’unico uomo dall’udito fotografico.

A loro, insieme alla conturbante rossa Jenny Hill/Madeline Kahn, toccherà risolvere l’enigma di un documento scomparso che presto potrebbe finire tra le mani del temuto Moriarty/Leo McKern.

Non proprio elementare, Watson!

Il fratello più furbo di Sherlock Holmes è la prova che non tutte le buone idee possono avere dei fratelli eguali, così come Sherlock e Mycroft nascondono il riccioluto e orgoglioso fanfarone Sigerson, e Wilder non riesce a raddoppiare la genialità dietro la parodia più famosa della storia, Frankenstein Junior.

Poche sono le gag funzionanti, e in molti casi troppo lontane dalle reali storie di Sherlock Holmes per creare un effetto parodia, risultando solo un mare di citazioni svuotate e criptiche per poter significare davvero qualcosa.

A nulla vale la performance di Marty Feldman, abile attore e sfruttatore della propria fisicità, né il talento comico e prorompente della bella Kahn; Gene Wilder si dimostra chiaramente un regista troppo inesperto per dare corpo alla sua storia, affrettato nel metter su una sceneggiatura dai pochi momenti realmente divertenti.

Non si può fare!

Non si può fare, avrebbero dovuto dire i produttori guardando ai personaggi piatti e al loro sofferto finale semi-drammatico. Gli stacchetti musicali, tra cui il celebre Kangaroo Hop, appaiono del tutto fuori luogo e da fuori le finestre; più che lo sguardo dei colpevoli, verrebbe voglia di osservare ed ascoltare la dolce melodia del violino incantatore di Frankenstein Junior.

Un film che nel 1975 deve aver attratto nelle sale un gran numero di fan del film di Mel Brooks, grazie alla speranza di trovarsi di fronte a una nuova grande commedia, ma senza delle indicazioni tutto si è perso in lungaggini inutili, come l’assolo italiano di Eduardo Gambetti/Dom DeLuise o la mania mangereccia dell’assistente di Moriarty, Roy Kinnear.

Se si poteva fare di meglio è difficile a dirsi, forse concentrarsi su di un soggetto letterario ben preciso avrebbe aiutato, al contrario dei vaghi e spenti riferimenti all’Holmes più famoso. La certezza è che questo esperimento ha provato come opere perfette come Frankenstein Junior non possano essere replicate.

Fausto Vernazzani
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