Escape Plan – Fuga dall’Inferno (Mikael Håfström, 2013)

Con un escape plan uniscono le forze i muscoli anni Ottanta

Un breve cameo in The Expendables, poi qualche minuto in più nel sequel e ora, dopo oltre trent’anni di attesa, Arnold Schwarzenegger ha trovato il tempo necessario per poter girare un film insieme al suo storico rivale Sylvester Stallone.

Due personalità opposte, uno scorbutico e severo, l’’altro amichevole e gentile, uniti per la prima volta sul grande schermo con il Governator a far da co-protagonista a Sly in Escape Plan di Mikael Håfström.

Il mago della fuga

Ray Breslin/Stallone è un ex-avvocato esperto in tecniche di evasione dai penitenziari di massima sicurezza, pagato fior di quattrini per infiltrarsi in incognito nelle prigioni e fuggire nel più breve tempo possibile, dimostrando l’inefficienza delle infrastrutture.

Un giorno è la CIA stessa a contattarlo per mettere alla prova la Tomba, un carcere dove sono rinchiusi quei criminali che potrebbero sconvolgere gli USA e non solo.

Il gioco si rivela ben presto più del solito lavoro e la futuristica prigione ha tutta l’’intenzione di tenere Breslin in gabbia per sempre. Sbarrargli la strada potrebbe però non essere facile per il Direttore Jim Caviezel e il suo braccio destro Vinnie Jones, soprattutto quando riesci a farti un alleato come Emil Rottmayer/Schwarzy.

Schwarzy e Sly in gran forma

Cambiato il titolo da The Tomb in Escape Plan, l’’ultima pellicola di Håfström mantiene gli standard delle sue precedenti opere, soddisfacendo il pubblico offrendogli esattamente, punto per punto, quello che chiedeva e niente di più.

Una sana scazzottata tra Sly e Schwarzy e anche un Leone (primissimo piano come lo chiamerebbe Quentin Tarantino) sull’anziano Arnold pronto a fare strage con una mitragliatrice ad alto calibro.

Chi cercava azione troverà corpo a corpo e pallottole a non finire, acrobazie varie -– nei limiti delle capacità dei due ultrasessantenni –- e anche una certa dose di cervello nella (non troppo) originale sceneggiatura di Michael Chapman e Jason Keller.

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Il microfono agli scenografi

Ma se Håfström si conferma un mestierante con qualche dote in più del normale, il vero vincitore è Barry Chusid, il production designer a cui si deve il merito di aver creato la Tomba, con le sue celle di vetro e degli spazi credibili perfettamente conformi a quel che sarà il primo colpo di scena del film.

Dopo Serenity e Source Code lo si può promuovere a pieni voti per la sua capacità di unire funzione e creatività in un ambiente dove Stallone e Schwarzenegger sembrano trovarsi a loro agio come non mai nei panni di due uomini d’’azione un po’’ attempati, ma senza alcuna voglia di farsi da parte.

Forse tra quindici lunghi anni le due icone dei muscle anni Ottanta decideranno di appendere il bilanciere al chiodo, ma è probabile che non succederà mai. Detto fra noi, non so se mi sento pronto a non sentire le classiche one line di Schwarzy. Come potremmo vivere senza di lui che ti uccide e dopo ti augura una buona giornata?

Have a lovely day, asshole!

Fausto Vernazzani

Voto: 3/5

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