La nave fantasma si è arenata.
In un’epoca in cui l’horror ha avuto una rinascita improvvisa e la sua diffusione sembra essere inarrestabile chiunque tenta la fortuna, motivo per cui spesso ci ritroviamo con remake di dubbia qualità e pellicole considerate originali di qualità addirittura inferiore ai remake, ma se si cerca più a fondo, ci sono centinaia di migliaia di gioiellini del nuovo millennio pronti ad essere scoperti. La mia ricerca non è stata buona e mi sono imbattuto in questo Nave fantasma, diretto da Steve Beck nel 2002.
Gabriel Byrne interpreta il ruolo del capitano Murphy che, ricevuta la notizia di una nave alla deriva sul mare di Bering, si lancia a cercarla con la sua squadra. Arrivati a destinazione, gli uomini scoprono che si tratta dell’Antonia Graza, transatlantico italiano costruito nel 1954 e affondato otto anni dopo facendo perdere le sue tracce. Il fatto che appaia così all’improvviso davanti ai loro occhi dovrebbe far sorgere qualche domanda, prontamente evitata; tutti salgono senza problemi cercando di riparare i guasti per trainarla e rivendicare il suo contenuto consistente in una discreta quantità d’oro. Ma non sarà così semplice in quanto si tratta di una nave fantasma pronta a richiedere un altro tributo di anime.
La storia di Nave fantasma è di Mark Henlon, mentre la sceneggiatura scritta da John Pogue a tratti risulta veramente incomprensibile. La stranezza di Nave fantasma è che, nella sua incomprensibilità, è molto prevedibile: lo spettatore intuisce subito cosa accadrà nella scena successiva anche senza capirci quasi nulla. Per fare una cosa del genere bisogna essere o geni o deficienti.
La scena iniziale con i passeggeri dell’Antonia che vengono affettati da un cavo d’acciaio ha varie ispirazioni: possiamo pensare a The Cube di Natali o al corridoio bloccato del primo episodio di Resident Evil. Per come è costruita – molto bene sia per ritmo che per effetti speciali – ci fa illudere che il prosieguo del film sarà di buon livello. Ma è il classico specchietto per le allodole.
Gli effetti speciali sono praticamente assenti, sangue zero, tensione zero, belle donne zero (con tutto il rispetto di Julianna Margulies) ritmo zero, dialoghi inutili e noia infinita. Da segnalare la presenza di Francesca Rettondini che interpreta il ruolo di una cantante dell’Antonia, l’unica bella presenza nostrana di Nave fantasma in scena per pochi minuti a cantare Senza fine di Gino Paoli.
A proposito di italiano: è scandalosa la cura che Beck ha posto per le traduzioni in italiano di quei pochi cartelli presenti sul transatlantico e della stessa canzone di Paoli. Un esempio: in un cartello, invece di esserci scritto Cabina del capitano c’è Cabina di capitano. Un po’ d’ impegno in più non avrebbe guastato visto già il basso livello generale.
Esiste qualcosa di positivo in Nave fantasma? Sì, il trucco di Anita Morgan e Nadine Wilkie che danno il loro meglio proprio sulla Rettondini, i colori in qualche scena e alcune sequenze che sarebbero risultate molto efficaci in presenza di una sceneggiatura all’altezza.
Steve Beck ha avuto la sfortuna di trovarsi tra le mani una storia scadente e non ha potuto fare molto per risollevarne le sorti, ma in alcuni momenti dimostra che con qualcosa di meglio a disposizione potrebbe dare di più. Purtroppo (o per fortuna) dopo Nave fantasma è sparito dalla circolazione cinematografica.
See You Soon.