La fine del mondo (Edgar Wright, 2013)

La trilogia del cornetto di Edgar Wright arriva alla sua conclusione con La fine del mondo.

Il giorno dei trifidi: nel 1951 John Wyndham immaginò delle piante carnivore mobili con una nuova abitudine alimentare: la carne umana. Questo è un Gizmo: nel 1958 Murray Leinster tolse l’aria ai suoi personaggi in una strana invasione di creature composte unicamente di gas. La letteratura di fantascienza degli anni Cinquanta/Sessanta e a scendere ha una qualità che non potrà mai essergli tolta: il tempo. A leggere oggi di palle di gas schiacciate contro il viso dei terrestri vien da ridere, ma un tempo le paure erano queste, la fantascienza immaginava le cose più disparate, la fantasia si sbizzarriva mettendo così le basi per i terrificanti alieni di Falling Skies o Alien. Un mondo affascinante, ma rappresentarlo ora necessiterebbe di essere reimmaginato, cosa che Edgar Wright ha deliberatamente evitato.

Nick Frost mangiò un cornetto sul divano di casa sua prima che i non morti attaccassero la sua città. Nick Frost comprò un cornetto al bar durante l’orario di servizio come poliziotto. Nick Frost torna ora, per l’ultimo episodio della Trilogia del Cornetto, insieme al suo compare Simon Pegg, per chiudere con The World’s End (da qui il titolo italiano La fine del mondo) il ciclo di parodie iniziato dall’inglese Wright nel 2004. Se l’horror di Shaun omaggiava il cinema di genere degli anni Sessanta/Settanta e Hot Fuzz l’action movie degli anni Ottanta, con The World’s End si cade all’indietro, a Ultimatum alla Terra e alla Invasione degli ultracorpi, ma soprattutto, come detto dallo stesso regista, agli scrittori come Wyndham (anche lui inglese).

Gary King/Simon Pegg è un disadattato, rimasto adolescente anche nel modo di vestire, dark come un tempo si usava per autoconferirsi un’aura di mistero. Il suo unico sogno è quello di poter tornare indietro a Newton Haven con i suoi quattro amici della scuola per portare a compimento una missione fallita tanti anni fa: il pub crawl di Newton Haven, incompleto perché nessuno di loro riuscì ad arrivare all’ultimo dei pub, il The World’s End. In preda alla disperazione e alla nostalgia, King riunisce il vecchio gruppo con più di una scusa. È così che Andy Knight/Nick Frost, il suo miglior amico, si convince a dargli retta, e anche Steven Prince/Paddy Considine, Peter Page/Eddie Marsan e Oliver Chamberlain/Martin Freeman con sua sorella Sam/Rosamund Pike. Ma a cambiare non sono stati solo loro, perché l’intero paese sembra sotto il controllo di qualcosa… o qualcuno.

I rimandi scenici sono infiniti, persino l’horror italiano sembra chiamato in causa con le orbite blu dei controllati dei Demoni di Lamberto Bava, ma è impossibile stare dietro a tutte le citazioni tanto incalzante è il ritmo de La fine del mondo.

Perché Andy Knight, la spalla di Gary King (indizio più semplice di così non c’è) per tanti anni lo ha rifiutato? Riusciranno ad arrivare all’ultimo pub senza svenire o essere eliminati dai robot? Cosa ne sarà del pianeta Terra? Sono così tante le domande, così tanta l’azione da rendere impossibile la tranquillità dello spettatore, costretto dal rapido montaggio a un un vero e proprio mal di testa, esempio dell’asfissiante routine British (il risveglio di Shaun, la vestizione di Nicholas Angel) mista a una recitazione affettata di proposito.

A mancare ne La fine del mondo, come accadde anche per Hot Fuzz, è il tocco brillante di Shaun of the Dead, ma il divertimento triplica, le sfaccettature decuplicano e l’azione raddoppia grazie a un esplosivo Nick Frost – la battaglia all’interno del pub è entusiasmante, una vera e propria danza – e alle eccellenti interpretazioni d’un cast semplicemente stellare.

Marsan, Considine, Freeman e persino Pierce Brosnan, David Bradley, Michael Smiley e il sempre presente Bill Nighy – solo con la sua voce – assieme a Rosamund Pike come ciliegina sulla torta di uno dei migliori ensemble degli ultimi anni, si mettono a disposizione di una commedia scifi stellare da vedere e rivedere nella grande tradizione omaggiata dallo stesso Wright, come se fosse da sempre un grande classico del genere.

Non riuscirete mai più a guardare La terra contro i dischi volanti o il classico di Don Siegel con gli stessi occhi, fidatevi.

Fausto Vernazzani
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