Gli amanti passeggeri (Pedro Almodóvar, 2013)

Una commedia aerea per Almodóvar, Gli amanti passeggeri di Fausto Vernazzani.

Nelle sue notti madrileñe il regista spagnolo Pedro Almodóvar si chiede se un giorno potrà o no tornare alla commedia, un sogno di tanti suoi spettatori che da anni lo ossessionano con questo desiderio. Un ventennio fa il regista di Volver viveva la sua fama grazie alle sue commedie scostumate e irriverenti, giochi erotici e trasgressioni sessuali dal piglio giocoso e tagliente. Un peccato vedere come il suo ritorno al genere che lo rese famoso sia tagliente solo nel senso di doloroso, scherzi e battute invecchiati di vent’anni in un mondo ormai abituatosi a questo genere di esposizione sessuale e non. Il volo della compagnia Península si trova in una situazione di stallo: lo staff aeroportuale ha dimenticato di liberare i carrelli dell’aereo (una breve e simpatica scenetta con Antonio Banderas e Penélope Cruz), causando al volo da Madrid a Città del Messico la necessità di dover effettuare un atterraggio d’emergenza per risolvere il problema, rimanendo in lunga attesa sopra i cieli di Toledo. Tra le file di poltroncine inizia la commedia teatrale di Pedro Almodóvar, Gli amanti passeggeri, una sequela di atti divisi tra la cabina dei due piloti Benito (Hugo Silva) ed Álex (Antonio de la Torre), lo spazio degli assistenti di volo Fajas (Carlos Areces), Ulloa (Raúl Arévalo) e Joserra (Javier Cámara), e la business class.

Bisessuali, trasgressori, droghe ed amori passeggeri si sviluppano tra quella manciata di persone rimaste lucide sull’aereo, le persone importanti tenute sveglie mentre in classe turistica sono abbandonati ad un sonno indotto tramite droghe dagli assistenti di volo. La calma è virtù solo dell’alta borghesia, sporca e viziata come la dominatrice Norma (Cecilia Roth), la sensitiva vergine Bruna (Lola Dueñas), il “responsabile della sicurezza” messicano Infante (José María Yazpik), l’attore Ricardo Galán (Guillermo Toledo), il banchiere in fuga Mas (José Luis Torrijo) ed una coppia di giovani sposini. Tra di loro si scoprono intrecci, si formano accoppiamenti improbabili, un universo intero ruota intorno a loro ed altri micro-narrazioni partono da quest’ultimo, spesso, però, terminando in un nulla di fatto.

Almodóvar dirige con la maturità che oggi lo contraddistingue, un dettaglio che ne fa un regista importante autore valido di pellicole come La pelle che abito, ma troppo cresciuto per replicare quella sua “pubertà” cinematografica ora lontana dai suoi standard. Gli amanti passeggeri è la simulazione di un adulto che torna a giocare con i suoi mattoncini lego, col suo modellino d’aeroplano, riuscendo nell’intento solo in poche scenette, come il balletto dei tre steward gay sulle note di I’m so excited. Sfortuna vuole che Almodóvar sia convinto del suo film, dell’ottima riuscita de Gli amanti passeggeri, ma allo spettatore spetta l’ultima parola e fino ad ora non è di congratulazioni. La verità è nell’errata destinazione del film, una commedia degli equivoci da palco teatrale – così come la recitazione dell’intero eccellente cast – più che da set cinematografico. Per chiudere c’è solo una cosa da dire: un motivo per vedere il film è Carlos Areces, perfetto in ogni movenza.

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