La chispa de la vida (Álex de la Iglesia, 2011)

La chispa de la vida è una sbarra nel cranio al centro del circo mediatico.

Il crack di un osso spezzato, la caduta di un uomo e le risate di era testimone al momento del danno subito. Se qualcuno un giorno dovesse chiedermi di descrivere il cinema di Álex de la Iglesia è con questa scena da La chispa de la vida che risponderei.

È un burattinaio malvagio, armato di una macchina da presa che agisce con la crudeltà di una mano divina volta che prendere i suoi personaggi e li fa soffrire minuto dopo minuto, per torturarli psicologicamente e fisicamente per ridere delle loro disgrazie.

Uno scenario inquietante per chi osserva, immobile e impotente di fronte ai “divertenti” orrori protagonisti delle sue commedie nere. Può essere visto come una redenzione o uno scherzo il suo ultimo film La chispa de la vida (trad. La scintilla della vita).

La morte (in vendita) in diretta

Roberto Gómez è un ex-pubblicitario conosciuto per lo slogan della Coca Cola La chispa de la vida, disoccupato da anni, umiliato ai colloqui, ma per fortuna con la sua famiglia ancora lì ad amarlo, pur se ormai rappresentata solo dall’amorevole moglie Luisa.

In una giornata particolare è gettato in ginocchio dall’ennesimo colpo di sfortuna. Spinto a rifugiarsi nell’amore di e per Luisa, torna a Cartagena sopprimendo rabbia e dolore, per cercare quell’hotel Paraiso dove insieme spesero la loro Luna di Miele.

Un luogo raso al suolo, sotto le sue fondamenta si nascondeva infatti un antico anfieteatro romano, un motivo sufficiente per abbandonare il settore alberghiero e realizzare un museo, tutto ciò che resta del prezioso ricordo di Roberto.

Abbattuto dall’ennesimo colpo di scopa sui suoi successi e ricordi, Roberto inciampa e cade proprio al centro dell’anfiteatro. Non si rompe nulla, neanche un osso, ma una stecca di metallo si è conficcata nel suo cranio, fin su al cervello.

È cosciente, ma incastrato per terra.

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L’asso nella manica di Álex 

Così l’anfiteatro torna a essere al centro dei giochi ludici e delle tragedie applaudite da quegli spalti in epoca romana, si innalza un circo mediatico in puro stile Billy Wilder de L’asso nella manica, ma assai più ironico e dolcemente crudele.

L’incidente di Roberto è una manna caduta dal cielo per quei giornalisti accorsi al museo per scrivere della sua inaugurazione, spazzata via dalle urla del pubblicitario che scatenano una pioggia di domande verso il Sindaco (Juan Luis Galiardo), la direttrice del museo (Blanca Portillo), presi di sorpresa dall’evento inaspettato.

Cercano a tutti i costi di carpire la storia di Roberto e le responsabilità delle istituzioni, mentre un po’’ alla volta attorno al malcapitato si fanno strada la giornalista locale Pilar (Carolina Bang), la guardia Claudio (Manuel Tallafé), il Dottor Velasco (Antonio Garrido) e Johnny (Fernando Tejero), l’’agente designato da Roberto per sfruttare la sua disgrazia a livello pubblicitario per riprendersi la sua carriera.

Una tragedia greca

Álex de la Iglesia organizza così la sua tragedia greca, sfonda colonne e statue antiche per tornare ancora una volta, con più decisione, sul tema dell’’ossessione dei media, pronti a pagare oro lo scoop di una possibile morte in diretta.

Un gioco a più scenari, con compartimenti stagni designati allo scopo di dar vita a dei personaggi imbevuti nell’’ipocrisia o vinti da quest’’ultima, un desiderio sfrenato di essere sulla cresta dell’’onda così forte da abbattere le barriere del focolaio.

La famiglia è in secondo piano, la devastazione di una crisi economica e personale si manifestano nella costrizione a una sbarra di ferro, ma nonostante tutto sembra che De la Iglesia voglia mantenere aperta la soglia all’’amor proprio, al sacrificio, creando lo straordinario personaggio della forte Luisa, una bravissima Salma Hayek.

Si piange dal ridere

Gran parte del merito della riuscita dell’’ottimo La chispa de la vida è, infatti, in mano agli attori, comprimari compresi, ma su tutti il duo José Mota e la Hayek, entrambi due nuovi volti nella filmografia di De la Iglesia, intensi fino ai limiti dell’’umana sopportazione, abbagliati dalla sofferente luce del direttore della fotografia di Kiko de la Rica.

Un’’avventura per nulla statica dalla durata di una notte intera, tensione assicurata per lo spettatore strangolato da risate e lacrime allo stesso tempo. L’’assurdità della situazione, per quanto molto di quel che accada è forse più reale della realtà stessa, è frutto sia dello sceneggiatore Randy Fedelman che del genio di de la Iglesia

De la Iglesia è il maestro incontrastato della black comedy il cui potere registico non è affatto da sottovalutare. Ora non resta che aspettare, non troppo si spera, che il film Las brujas de Zugarramurdi esca quanto prima, magari anche in Italia, non sarebbe male, perché di Álex de la Iglesia c’è bisogno, tanto bisogno nella nostra società.

Fausto Vernazzani

Voto: 4/5

2 pensieri su “La chispa de la vida (Álex de la Iglesia, 2011)

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