di Francesca Fichera.
Harmony Lessons è una cruda lezione di disarmonia condotta con rara eleganza dalla macchina da presa del kazako Emir Baigazin. Disarmonia rispetto alla violenza della vita e alla sua impietosa durezza. Si passa rapidamente dal simbolo di un sacrificio – lo sgozzamento di una bestiola, portato a termine quasi come un gioco – alla rappresentazione della cadenza rituale di un disagio costante e quotidiano. A subirlo è Aslan (Timur Aidarbekov), ragazzino povero e insicuro schernito dai compagni, facile a precipitare in una spirale di ossessioni paranoiche e disturbi ossessivo-compulsivi di stampo ipocondriaco. La sua ricercata geometria dellesistenza mal collima con linvadente disordine del mondo circostante: la miseria, la lordura, il bullismo, la solitudine. E se le prime possono essere tenute sotto controllo attraverso una metodica raccolta e segregazione di piccole colonie di scarafaggi, contro il resto è possibile far poco.
Bolat (Aslan Anarbayev), capogruppo dei teppisti della scuola, continua a perpetrare indisturbato i suoi soprusi, mentre insegnanti fin troppo placidi e indifferenti paragonano il denaro allenergia vitale, preoccupandosi finanche di spiegare il funzionamento delle armi da fuoco. Intanto, nei bagni e in altri luoghi poco visibili delledificio scolastico, si consumano senza sosta le grandi tragedie dei piccoli. Ma Aslan sceglie di ribellarvisi, lanciando il suo urlo muto a un cielo impassibile, a un paesaggio fermo e perfettamente delimitato dalla mdp di Baigazin, nonché dallesemplare fotografia di Aziz Zhambakiyev: – che saggiudica lOrso dArgento per il Miglior Contributo Tecnico.
Finale senza speranza che capovolge la sorte del Pinocchio di Collodi: il Paese dei Balocchi si chiama Happylon ed è una realtà di serenità e pace agognata come il più succulento dei dolci esposto in vetrina. Di quelli finti e impossibili da comprare. Ma la supremazia del denaro è una serpe che corrode gli uomini fin dai loro primi passi, condizionandone il cammino fino a deviarlo. Harmony Lessons non lascia alternative a riguardo. Nudo e sporco come il Rosso Malpelo di Verga, è maestoso nel mettere sul tavolo della narrazione ogni dettaglio incorniciandolo in quadri dalla perfezione quasi astratta. Il contrasto di visione che genera è la traccia profonda che solca la memoria degli spettatori berlinesi. E, si spera, non soltanto la loro.
