Cannibal Holocaust: chi sono i veri cannibali?
Su Cannibal Holocaust è stato scritto di tutto, articoli, saggi, libri, e così via. Il film di Ruggero Deodato, a causa delle innumerevoli scene crude e dall’efferata violenza, è stato vietato in numerosi paesi del mondo e il regista è finito anche in tribunale, per difendersi da accuse di omicidio.
Il motivo è che le scene di questo “documentario” sono state spacciate per vere da Deodato stesso, il quale per di più, allo scopo di aumentare la veridicità di ciò che affermava, propose ai quattro attori protagonisti di sparire per un anno.
Pensare che, ancora oggi, c’è qualcuno che mi viene vicino e mi dice: Blair Witch Project è stata un’assoluta novità nel modo di girare un horror. Ahahahahha! Se pensate che neanche Deodato è stato il primo, verrebbe da ridere anche a voi!
La trama
Il professor Monroe (Robert Kerman) parte per l’Amazzonia alla ricerca di quattro documentaristi recatisi in quei luoghi per studiare le abitudini delle popolazioni locali. Questa ricerca si conclude con la scoperta della morte dei quattro e, soprattutto, con il recupero del materiale girato dalla troupe. Man mano che Monroe prosegue la visione di questo materiale, capirà il motivo per cui i quattro reporter sono stati uccisi.
Ad una prima parte dedicata esclusivamente alla ricerca dei quattro protagonisti del materiale recuperato in cui osserviamo le usanze e i costumi delle popolazioni amazzoni, (dove vediamo gli abitanti impauriti dalla presenza del gruppo di ricerca e anche, a tratti, simpatici e curiosi), si contrappone una seconda entro cui la pellicola rivela le violenze e soprusi perpetrate dai documentaristi ai danni della popolazione, per farla ribellare e così avere del materiale interessante da dare alle televisioni, se non proprio da proiettare al cinema – visto che filmare solo abitudini e cultura è roba “noiosa”.
Emblematica è la frase che pronuncia Jack Anders (Perry Pirkanen), regista della troupe: “Se usciamo vivi da questo inferno, potremmo aspirare all’Oscar“. Inferno che loro stessi hanno creato.
Parte della troupe è anche Mark Tomaso (Luca Barbareschi), il più crudele di tutti, diventato famoso per l’uccisione del maialino con un fucile. Questa scena senza pietà e girata senza effetti speciali è diventata un cult e mostrata spesso nei programmi in cui era presente l’attore, il quale ha sempre rinnegato il film, anche se nel DVD della Alan Young Pictures si può trovare una lunga intervista dell’attore italiano che parla della pellicola.
Il valore
Cannibal Holocaust ha un’innegabile importanza nel mondo dell’horror e dei mondo movie. Certo è che il suo eccessivo virare nel campo del nasty movies (video dai contenuti violenti estremi) con la sua sanguinosa crudezza, non lo rende un documentario adatto a tutti, specie agli animalisti visto che, oltre alla scena del maialino, si assisterà anche allo squartamento integrale di una testuggine gigante, oppure allo scalpello di una povera scimmietta per un rito della popolazione locale.
Stupenda la colonna sonora di Riz Ortolani, simile ad una love song, inserita nelle scene più crude della pellicola per un’antitesi immagine-suono geniale. Vi consiglio di ascoltarla – vi assicuro: non immaginereste mai a quali situazioni filmiche è stata accostata.
Non manca ovviamente la violenza dei rituali e delle usanze delle tribù amazzoni, fra cui si ricordano la punizione per l’adulterio e l’impalamento della donna, uno dei momenti dove Deodato ha dovuto dimostrare in tribunale che il tutto era frutto di artifici cinematografici.
Questo horror si dovrebbe vedere almeno una volta nella vita, ma mi rendo conto che non è facile.
Roberto Manuel Palo