La Laika (ri)anima la gente morta con ParaNorman
Mastro Lovecraft ci insegnò come l’atto di vedere sia assai più complesso di quanto immaginiamo, esistono piani paralleli al nostro dove si annidano altre creature e respirano la nostra aria.
”Io vedo la gente morta” gira per il web come una delle citazioni più conosciute dopo il successo de Il sesto senso e il piccolo Cole è stato preso in giro nei modi più scemi possibili.
Qualcun altro però si è fatto avanti nel mondo del cinema per vedere la gente morta: il suo nome è Norman, ParaNorman per gli amici spettatori, e suo padre è lo studio di animazione Laika.
Fratello ideale di Coraline
Il debutto per la Laika fu Coraline, gemma di Henry Selick scritta da Neil Gaiman (mica pizze e fichi). Subito segnò la cifra stilistica dello studio: il dark e il grottesco dal punto di vista dei bambini.
Norman (Kodi Smit-McPhee) è un coetaneo di Coraline, ma stavolta chi non vuole ascoltare è anche lui, circondato da brava gente morta e verdegnola, ma ben pochi vivi con cui spartire qualcosa.
Fa eccezione un altro emarginato, Neil (Tucker Albrizzi), mentre il resto della ciurma è rappresentato dal bullo Alvin (Christopher Mintz-Plasse) che lo additano come freak, sua sorella Courtney (Anna Kendrick) che lo considera un fastidio mentre sospira per il muscoloso Mitch (Casey Affleck) e i genitori (Leslie Mann e Jeff Garlin) che, peggio ancora, vorrebbero Norman differente dal bambino in “presunto” contatto col fantasma della Nonna.
Anche la morte ha diritti
A sorpresa la svolta è suo zio (John Goodman) un ubriacone con lo stesso dono del nipote, giunto a lasciare tutto in eredità a Norman, senza curarsi della sua giovane età, pur di godersi il meritato riposo.
Suo scopo sarà salvare la città dalla maledizione della strega di Blithy Hollow e dal ritorno dei morti dalle loro tombe prima che una tempesta oscuri la notte di una città cieca.
Un’opera in stop-motion pronta a spaventare i bambini e fargli capire come anche un cadavere putrefatto possa essere in realtà una voce da ascoltare, come dietro la malvagità si possa nascondere una sofferenza o un dolore da scacciare.
E, diciamocelo, all’incirca ogni strega condannata dai tribunali del Massachusetts avrebbe le sue ragioni.
Orrore a passo zero
Un plauso ai registi Chris Butler e Sam Fell mai dimentichi delle possibilità che la loro arte concede alle molteplici vie della regia, folli devoti alla Canon con cui hanno dovuto realizzare due scatti per ogni singolo frame (che per un film in stop-motion sono elevati all’infinito).
Protagonisti sono i pupazzi modellati in parte sugli attori che gli hanno dato voce, mossi dalla necessità di essere credibili in questa serie di immagini i cui brividi sono solo dati dalle risate e non dagli elementi horror. L’orrore è qui infatti visto come un esempio di vita da cui Norman potrebbe imparare per gestire a dovere il suo potere, steso su ambientazioni dalle geometrie sbilenche dal sapore espressionista e sui fantasmi e zombie più bizzarri.
ParaNorman si districa nei vari cliché del genere e degli zombie-movie come in una foresta oscura, ma ne esce con una saccoccia traboccante originalità e divertimento con cui dare forma a una parodia deliziosa. Basti pensare alla scena iniziale del film in Tv con la classica bella in pericolo di morte.
Niente in comune con la commedia burtoniana, dal tocco gotico e vintage, opposto a ParaNorman, dal soggetto ancorata in profondità nella realtà odierna in tutte le sue sfaccettature. La sua originalità si manifesta proprio nell’esser veritiero, con personaggi che dopo esser caduti si fanno male, ma più di tutto nel suo protagonista: un bambino qualunque con il potere di affrontare le sue paure senza che queste ne cambino il cuore.
Fausto Vernazzani
Voto: 4/5
2 pensieri su “ParaNorman (Chris Butler, Sam Fell, 2012)”