Un Barton Fink a Roma – The End

È finita anche questa. Mentre nella sala Sinopoli qualcuno è rimasto a guardare la versione restaurata di Colazione da Tiffany di Blake Edwards (decorre il cinquantenario della realizzazione), noi siamo qui nella sala stampa semideserta a elencarvi i vincitori della sesta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.

Abbiamo azzeccato ancora una volta il pronostico più importante, quello del Marc’Aurelio d’oro per il miglior film, conferito a Un cuento chino, di Sebastiàn Borensztein: produzione spagnola, ma film girato in Argentina, che racconta l’incomunicabilità tra un malinconico ferramenta e un cinese che porta alle spalle una storia surreale. Sotto la scorza di una commedia esilarante, la pellicola porta con sé un grande carico poetico garantito da una splendida messinscena (ottima direzione d’attori, scrittura serratissima senza neanche un calo, fotografia sublime, colori pastello e grana vintage). Il film si è aggiudicato anche il premio del pubblico, assegnato con la votazione che gli spettatori effettuano all’uscita delle proiezioni. Il suddetto premio, sponsorizzato da BNL, è corredato da un assegno di 40mila euro consegnato al regista da Luigi Abete, che ha offerto al pubblico una performance talmente grottesca che, per descriverla, avremo bisogno di una serata di discussione con amici e colleghi, perché trovare le parole è davvero difficile.

Il miglior attore è Guillaume Canet (che l’anno scorso ha presentato qui il suo buon Les petits mouchoirs) per il film Une vie meilleure, di Cedric Kahn, mentre per le attrici i giurati hanno preferito premiare, invece delle grandi Charlotte Rampling o Judy Davis, la giovane Noomi Rapace per il film Babycall, angoscioso thriller di ambientazione norvegese diretto da Pål Sletaune.

La selezione ufficiale ha seminato nella giuria (ricordiamo presieduta da Morricone) tanti dubbi, risolti con l’assegnazione di diversi riconoscimenti speciali. Il gran premio è andato (piuttosto inaspettatamente, dobbiamo dire) a Voyez comme ils dansent di Claude Miller. Ottimi e attori e anche belle idee di regia, per carità (il travelling finale è un piacere per gli occhi, e la seconda parte del film avrebbe fatto molto più bella figura se fosse stata autonoma dal resto), ma forse c’era di meglio, in concorso. Non diciamo cosa, non diciamo chi, altrimenti faremmo arrabbiare molti, ma vi assicuro che c’era.

Comunque, anche The Eye of the Storm di Fred Schepisi (che doveva essere, per i bookmaker, il favorito alla vittoria) ha portato a casa uno dei due premi speciali; l’altro è andato (con nostra grande felicità) a Ralf Wengenmayr, compositore delle musiche del delizioso Hotel Lux di Leander Haußmann. Musiche che avevamo già avuto modo di rilevare essere straordinarie, e infatti, nel leggere la motivazione, il giurato Roberto Bolle ha sottolineato come sia stato raggiunto (cosa rara) il più nobile fine della musica da film: servire magistralmente le immagini pur mantenendo un forte valore autonomo. Il paragone che già facemmo con Inglourious Basterds trova ragion d’essere anche nel fatto che Tarantino scelse come tema principale per il suo film proprio lo score che Ennio Morricone compose per Allonsanfàn dei fratelli Taviani.

Il Marc’Aurelio al miglior documentario per la sezione L’altro cinema – Extra è andato a Girl Model, di David Redmon e Ashley Sabin, film che racconta traffico di ragazze che, nell’età compresa tra i 13 e i 17 anni, vengono iniziate al lavoro nel mondo della moda ma, in realtà, si ritrovano vittima di un vergognoso e vile sfruttamento.

I due Marc’Aurelio di Alice nella città, sopra i 13 anni e sotto i 13 anni, vanno rispettivamente a En el nombre de la hija di Tania Hermida e North Sea Texas di Bravo Derurne, mentre l’attesissimo Circumstance, di Maryam Keshavarz vince il premio per gli autori esordienti insieme a La brindille di Emmanuelle Millet.

Infine, numerose standing ovation per Richard Gere, attore grandissimo ma prim’ancora persona umanamente straordinaria, cui il festival ha voluto conferire il premio alla carriera: il suo incontro di ieri con il pubblico è stato uno dei momenti più belli di tutte le edizioni della rassegna: senza risparmiare nessun dettaglio e con simpatia e affabilità ha raccontato al pubblico la sua carriera e in particolare tutta la lavorazione di Days of Heaven di Terrence Malick, che abbiamo visto insieme a Gere in un’edizione ri-masterizzata di una potenza visiva devastante.
Appuntamento all’anno prossimo. Ora Barton Fink vi saluta e va a Piazza del Popolo, dove Morricone farà un concerto. Gratis.

Elio Di Pace

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