Cape No 7

Cape No 7 (Wei Te-sheng, 2008)

Confusione a Cape No 7 – di Fausto Vernazzani.

È il primo nome della giornata, quello di Roman Polanski, forse addirittura il primo di tutto il festival, a contendersi con George Clooney il Leone d’Oro immaginario per il marketing pre-festival, ma a dar battaglia oggi ci saranno anche i Guerrieri dell’Arcobaleno di Wei Te-sheng che presenta oggi Seediq Bale.

Chi è Wei Te-sheng? Di sicuro non è un grande nome del cinema internazionale, nemmeno di quello orientale, ma in Taiwan con il suo primo film mainstream è diventato un idolo. Cape No 7 detiene infatti il record come film di maggior incassi in patria. Secondo il sito imdb.com molte delle battute del film sono addirittura diventate di uso quotidiano nel suo paese, tanto fu il successo di questa pellicola.

Ecco spiegato cosa ci fa a Venezia: un uomo che è riuscito a smuovere così tanto l’isola al largo della Cina perché non può sconvolgere il mondo intero con la sua storia di guerra contro la forza colonizzatrice giapponese?

Nella piccola città di Hengchun sull’isola taiwanese, c’è un albergo di fama internazionale che per richiamare quanti più clienti è possibile ha deciso di ingaggiare un noto cantante giapponese, ma i rappresentanti comunali, stanchi di essere in secondo piano, nonostante il suolo calpestato dai turisti sia il loro, si impongono affinché si esibisca anche una band locale. A monitorare la creazione di questa band viene chiamata Tomoko, modella giapponese messa a fare da balia ad altre modelle e desiderosa di tornare in patria finché non entra in intimità con Aga, un deluso rocker tornato da poco a Hengchun e appena diventato postino.

A formare la band saranno una ragazzina silenziosa e prepotente, un meccanico che spera che la moglie del suo capo decida di darsi alla poligamia come le rane, un poliziotto arrabbiato col mondo, un assillante venditore di un nuovo vino auto-prodotto  un vecchio ottantenne disposto a far tutto pur di esibirsi in pubblico e infine il succitato Aga. Protagonisti di questo film sono appunto Aga e Tomoko, ma ce n’è anche un terzo rappresentato da sette lettere d’amore spedite all’indirizzo Cape No 7, il quale non esiste più da decine e decine di anni. Si tratta infatti di lettere scritte 60 anni prima da un soldato giapponese tornato a casa dopo che il Giappone ha perso la guerra, lasciando sull’isola la sua amata Tomoko che nessuno a Hengchun sa chi sia.

Con queste righe potrei avervi detto ogni cosa del film. In fin dei conti c’è ben poco da sapere e anche ben poco da vedere, se non una storia d’amore tra Aga e la giovane Tomoko che sembra nascere dal nulla dopo un’ora di film mentre prima non c’era alcun presupposto per cui il parallelo tra le lettere e i due ragazzi potesse avere un senso.

L’opera di Wei Te-sheng è infatti quasi incomprensibile, non solo perché ha una trama abbastanza stupida, ma anche perché se non sei taiwanese o non parli cinese tanto bene da capire anche i dialetti a cui è fatto costantemente riferimento nel film, c’è poco da fare… è stato chiaramente girato per essere visto da un pubblico taiwanese e nessun altro, il resto del mondo può andare a farsi benedire o farsi intrattenere da alcune situazioni a malapena comiche, ma alla fine di Cape No 7 c’è così poco che ti colpisce che ti verrebbe voglia di sbatterti una scacchiera in testa per avere qualcosa che valga la pena di essere ricordato.

Sono in effetti due ore di vita che ti scivolano addosso come acqua non calda, perché il film non t’avvolge il cuore con tutto il suo amore, ma gli fa al massimo un ‘Wè cià’ senza manco guardarlo in faccia – i cuori hanno una faccia, non negatelo – e nemmeno fredda, perché non te lo congela per lo stupore, ma te lo lascia solo là seduto a fissare l’aorta in quella sua buia cassa toracica.

Di Cape No 7 si è detto anche che mostrava dei meravigliosi paesaggi magnificamente fotografati, ma in tutta franchezza ho visto più bei paesaggi in Trainspotting che in Cape no.7. Farmi vedere un sole che tramonta non significa incantarmi, il sole tramonta sul mare probabilmente in altri milioni di posti e in migliaia di altri si può dire si suggestivo, ma qui in questa piccola città di Hengchun no.

Continuo è anche il riferimento metaforico agli arcobaleni, alla gioia dopo la tempesta, e se ne vedono anche un paio, ma essendo più finti della pelle di Alba Parietti, ti lasciano un po’ perplesso.
Quel che ci mostra Wei Te-sheng è una normale cittadina che combatte per la sua identità, ma è appunto una NORMALE cittadina, in cui non c’è assolutamente niente e al contrario di molto altro cinema orientale non vediamo per l’appunto assolutamente niente che sia memorabile, nessuna scena sconvolgente per gli occhi.

Insomma questo film non colpisce particolarmente né occhi né cuore, la mente non la considera proprio quindi si tratta solo di un blockbuster patriottico, un po’ come potrebbe essere considerato Benvenuti al Sud per noi in Italia.

Stasera verrà però proiettato Seediq Bale, avrà sicuramente avuto qualcosa per cui sarà stato ritenuto degno di essere proiettato in concorso e si spera che sia davvero così perché, vista la sua prima opera, Wei Te-sheng non sembra uno su cui puntare tutto.

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