I cani arrabbiati vanno guardati.
Cani arrabbiati è un film di Mario Bava, uno dei più illustri e amati registi di thriller e horror del cinema italiano.
Il titolo inglese del film è Rabid Dogs.
Quentin Tarantino nel 1994 intitolò la sua pellicola d’esordio Reservoir Dogs e le similitudini non sono da addurre solo al titolo, perché quello di Tarantino si può considerare un ispirato ed ironico remake del film di Bava.
La banda
È molto semplice: quattro banditi rapinano un’industria farmaceutica nel giorno di paga ai dipendenti. Ma qualcosa va storto, la polizia li scopre e uccide uno dei quattro uomini, che prendono in ostaggio prima una donna e, successivamente, un uomo con un bambino malato. Con l’auto di quest’uomo cercheranno di fuggire dalla polizia scorrazzando per le autostrade italiane.
Ogni componente della banda ha un soprannome. C’è il dottore (Maurice Poli) e capo del gruppo, monoespressivo come pochi, ma che appena lo guardi in faccia ti ricorda 100.000 personaggi famosi.
Poi ci sono bisturi (Don Backy) esperto di lame e 32 (George Eastman). 32 è una misura. Bisturi e 32 sono i classici scagnozzi senza cervello che hanno nel loro vocabolario venticinque parole tra cui vaffanculo, brutta puttana, bello stronzo, piscia.
Gli ostaggi
Il primo ostaggio è Maria (Lea Lander) la classica sfigata che proprio quel giorno si doveva trovare in quel posto in quel preciso istante – e magari si scocciava pure di uscire di casa ma era costretta ad andare perché altrimenti non gli davano lo stipendio.
Una volta diventata ostaggio si lamenta continuamente chiedendo di lasciarla andare. (Richiesta molto intelligente da fare a gente che ti ha preso in ostaggio)
Davvero intelligente risulta essere invece l’altro ostaggio Riccardo (Riccardo Cucciolla). Fino a 1:30 h di film vi sembrerà un perfetto imbecille preoccupato per la vita del figlio, ma negli ultimi minuti si dimostrerà così geniale che al confronto il Joker è un mansueto cagnolino. Tutto quello che ha fatto in quell’ora e mezza aveva un fine preciso.
Non chiamatelo B-movie
Cani arrabbiati abbonda di violenza, crudezza, nonché di colpi di scena e bastardaggine: tutto ciò che ci vuole per un ottimo thriller – e per dare spunti a Quentin Tarantino per le sue “pulpaggini”. Lui stesso ha detto più volte che adora il cinema italiano di genere.
Questo non va annoverato fra i b-movie ma rientra tra i capolavori del cinema nostrano, girato da uno dei più illustri maestri del gotico, già conosciuto all’epoca grazie ad altri grandi film, da La maschera del demonio (1960) a La frusta e il corpo (1963) passando per I tre volti della paura (1963) e Reazione a catena (1971).
Cani arrabbiati è una di quelle pellicole che si deve aver visto almeno una volta nella vita. Lo consiglio vivamente a chi ama il cinema fatto di idee, di fantasia, che anche con pochissimi soldi conserva la voglia di divertire il pubblico confezionando un prodotto di qualità.
See you soon!