Jason Statham contro lo squalo gigante, se non è già perfetto così…
Enough said! Era la tagline con cui molti di noi hanno conosciuto Sharknado, “non c’è altro da dire” se la premessa è un tornado pieno di squali. Vale all’incirca lo stesso per Shark – Il primo squalo (siamo orfani del titolo originale The Meg) se dimentichiamo il romanzo di origine di Steve Alten: è uno squalo preistorico gigantesco!
Che altro c’è da dire?
Megalodonte per essere precisi, nome scientifico Carcharodon Megalodon, squalo dalle dimensioni pazzesche – poteva raggiungere i 20m di lunghezza – vissuto negli oceani fino a 2 milioni di anni fa… oppure solo sepolto nelle stranezze abitanti gli oscuri fondali inesplorati, la seconda grande frontiera dopo lo spazio in cui siamo avvolti.
È questa la premessa del romanzo di Steve Alten, nel 1997 rimasto affascinato da un servizio sulla fossa delle Marianne e i suoi segreti, ora con una saga di ben sette romanzi pronti a diventare otto nel 2019 e con Jason Statham e Li Bingbing a dare il volto ai suoi protagonisti, Jonas Taylor e Terry Tanak… no, ora è cinese, Suyin.
Terrore dal profondo
La fossa succitata in un adattamento del 2018 ha meno misteri rispetto a vent’anni fa, ne abbiamo visto le profondità con gli occhi di James Cameron, e dunque la squadra di Jon Turteltaub opta per una nuova soluzione: il dr. Zhang Minway (Winston Chao), padre di Suyin, crede di aver fatto una scoperta straordinaria.
Al largo delle Filippine sull’avanzatissima base oceanica Mana One del miliardario Jack Morris (Rainn Wilson) si studia la possibilità che il fondale sia in realtà una nube di gas che separa il vero fondo dal resto dell’oceano, creando due aree con distinte temperature grazie a cui si è potuto preservare un ecosistema sconosciuto all’uomo.
Con entusiasmo Lori (Jessica McNamee) guida il veicolo subacqueo per la prima volta in quei territori e altrettanto in fretta insieme ai suoi due compagni (Masi Oka e Ólafur Darri Ólafsson) scoprirà che lì sotto le dimensioni contano, tra calamari giganti e il nostro caro Shark titolare, il megalodonte, incubo di Jonas Taylor.
Guarda caso ex-marito proprio di Lori e numero uno al mondo in soccorsi in profondità estreme, almeno finché cinque anni prima non fu costretto a lasciar morire due suoi amici a causa dell’attacco di una creatura gigantesca mai vista. Da allora vive corroso dal PTSD, ma tornerà laggiù per riscattare il suo nome e dimostrare di non essere pazzo.
La profondità a parole
La trama continua e personaggi da raccontare ce ne sono ancora molti, nessuno in realtà fedele all’originale del romanzo se non forse proprio Suyin, a cui è cambiata la nazionalità (China rules!) e assegnata una bambina tenera d’ufficio perché Shark è un film per tutta la famiglia e non può esser tale se il figlio lo devono fare in scena.
Abbiamo il capitano Mac (Cliff Curtis) e il dr. Heller (Robert Taylor), il geniaccio di non si capisce bene cosa Jaxx (Ruby Rose) e persino la cara vecchia figura della spalla comica afroamericana (Page Kennedy), roba che se escludiamo Kevin Hart è patrimonio dei lontani anni Novanta, periodo a cui The Meg appartiene al 100%.
Peccato ognuno sia a malapena abbozzato, soprattutto il Meg stesso, ridotto a uno squalo gigante senza carattere. Che cavolo, nemmeno la solita tiritera della vendetta, “ha assaggiato sangue umano” oppure che uccide solo per gioco. No, questo megalodonte è uno squalo (non una come nel romanzo) e basta così, nient’altro.
Si… può… FARE (di più)
È un blockbuster estivo e ai suoi doveri adempie come si deve, Turteltaub fa i compiti per le vacanze come suo solito senza sbagliare, restando, però, l’alunno di cui non saprai mai riconoscere un talento particolare. The Meg è divertente e quella marasma di personaggi bidimensionali si fa apprezzare per la loro qualità d’esser prevedibili.
Riesce persino meglio di altri blockbuster a fondere l’elemento cinese con quello USA, soprattutto con una bella novità: Li Bingbing non è la solita co-protagonista femminile, l’interesse amoroso da difendere. Anche se salvata in continuazione dall’eroe Statham è lei CON lui a cercare con coraggio di battersi contro il mostro degli abissi.
Scelta intelligente che risulterà di sicuro gradita al pubblico della Cina continentale, ma anche a noi su questo lato del globo, in cui una volta tanto un personaggio ha senso di esistere non solo in base al genere sessuale e/o la provenienza geografica. Nessuno le chiede come pronunciare il nome o se venera Buddha nelle calde notti d’oriente.
Dimostra comunque come si possa fare di più anche nel cinema meno studiato sul piano narrativo – ma gli analisti di mercato dietro The Meg hanno sudato e si vede – ma casca proprio perché non tenta di dare a questo film per famigliole la spinta necessaria a renderlo memorabile. Almeno degno di una seconda visione.
I popcorn li ha nel sangue e dura tanto quanto loro, ma i popcorn al sottoscritto piacciono (al caramello dovete provarli!) e così anche questo The Meg, con tutti i suoi non-difetti. Una sensazione che mi ricorda Il mistero dei templari dello stesso Turteltaub e che ciclicamente rivedo. Sarà così anche per Shark? Chissà.
È un film su uno squalo gigante, forse deve bastarci questo.
Che altro c’è da dire, in fondo?
Fausto Vernazzani
Voto: 3/5