On the Milky Road, il grande e ambizioso ritorno di Emir Kusturica – di Victor Musetti
Emir Kusturica è tornato. 8 anni dopo il suo ultimo, deludente lungometraggio su Maradona, è in concorso a Venezia con On the Milky Road, una fiaba d’amore completamente folle e sregolata.
La storia in breve
L’inizio del film è la cosa più vicina che si possa immaginare a una danza per immagini. Vediamo un’aquila in volo intenta a cacciare un serpente. Nel frattempo due contadini sgozzano un maiale, mentre una decina di oche si gettano in una vasca piena del suo sangue.
Tutto questo sullo sfondo della guerra nella ex Jugoslavia, mentre due fazioni si sparano addosso l’un l’altra da trincea a trincea e Kosta, un lattaio interpretato dallo stesso Kusturica, passa senza troppi problemi sotto agli spari e ai bombardamenti a cavallo del suo asino di fiducia riparandosi sotto un ombrello.
Milena, una donna prosperosa innamorata di lui, ha combinato un matrimonio tra suo fratello e un’affascinante donna italo-serba (Monica Bellucci). Kosta però non puo’ fare a meno di innamorarsene perdutamente, scatenando di fatto l’inverosimile.
Un’avventura surreale
In On the Milky Road Kusturica rinuncia esplicitamente a ogni limite, a ogni raffinatezza, a ogni senso della misura. Anche i limiti della fisica sono messi da parte. Ci sono personaggi che fanno salti di tre metri, combattimenti con serpenti, pecore che saltano per aria e altro ancora.
È in tutto e per tutto un circo visivo, in cui il ritmo delle immagini, complici il montaggio e un incredibile lavoro sul sonoro, diventa un linguaggio per fare del film una cosa estremamente vicina ad un concerto musicale.
Non ci si ferma letteralmente mai, tanto che ogni possibile ostacolo all’avanzamento della storia viene abbattuto con la fantasia. È così che i personaggi passano da un minuto all’altro dalla montagna alla palude, da un inseguimento subacqueo a un salto da una cascata di qualche decina di metri.
Uno stile inimitabile
On the Milky Road è un vero esercizio di stile in cui Kusturica vuole dimostrare a tutti i costi di essere ancora il migliore a fare quello che fa. E c’è da dire che la sua regia raggiunge dei livelli di complessità impressionanti. E poco importa se per ottenerli scende ad alcune cadute di stile (la computer grafica su tutte).
Ci sono una quantità di perle visionarie all’interno del film che è difficile tenere il conto di tutto quello che vi è all’interno. Penso ad esempio ad un bacio che fa letteralmente crollare le pareti di una capanna, per poi, come se niente fosse, portare i due protagonisti a fare il bagno usando due zucche come galleggianti.
E che dire del Kusturica in versione eremita-Kim Ki-duk, con la barba lunga e lo zaino pieno di pietre alla fine del film? Per non parlare dell’orso che mangia gli spicchi d’arancia direttamente dalla sua bocca.
Certo, On the Milky Road non verrà di certo ricordato come uno dei capolavori di Kusturica, ma è senz’altro un film importante perché ci ricorda di cosa è capace un artista unico nel suo genere, inimitabile e ancora profondamente libero di fare quello che vuole, come lo vuole.