Hotel Transylvania 2

Hotel Transylvania 2 (Genndy Tartakovsky, 2015)

di Francesca Paciulli.

Il tema dell’accettazione del “diverso” (perdonate la semplificazione) riempie ore e ore di pomposi salotti televisivi senza mai arrivare al punto. Poi ecco arrivare un film di animazione – creato più che altro per divertire – e l’argomento viene sviscerato con naturalezza e ironia.

In Hotel Transylvania 2 le chiavi di lettura sono due perché due – a secondo di chi guarda – sono i “diversi”: gli adorabili freak che popolano l’hotel del titolo (il vampiro Drac e sua figlia Mavis, i lupi mannari Wayne e Wanda, Frank(enstein) e signora, Murray la mummia, l’uomo invisibile e l’umano Johnny, convolato a nozze con la graziosa vampirella Mavis e papà orgoglioso di un dolcissimo pargoletto dai riccioli rossi (separato alla nascita dai gemelli terribili di Brave – Ribelle) .

E il punto è proprio questo: il piccolo è per metà “mostro” e per metà umano. Con tutti i problemi di accettazione che ne conseguono nelle rispettive famiglie. E il più preoccupato di tutti è proprio nonno Drac che, approfittando della momentanea assenza di Mavis – in viaggio per andare a trovare i suoceri – chiama a raccolta i suoi amici mostri, per sottoporre Dennis ad un vero e proprio corso di “addestramento” per vampiri. Peccato che Mavis torni prima del previsto e che poco dopo arrivi anche l’anziano nonno Vlad, succhiasangue irreprensibile e legatissimo alle tradizioni.

Cosa succederà quando il capostipite dei vampiri arriverà all’Hotel Transylvania e scoprirà che lì gli umani sono ben accetti ma soprattutto che il suo pronipote non è di sangue puro?

Ci sono le gag (molto ben congeniate), i momenti teneri (resistibili), le citazioni mostruose (per gli adulti), e come il primo capitolo anche questo sequel firmato dal regista russo Genndy Tartakovsky tiene botta. Anche se rispetto a Hotel Transylvania non presenta grandi novità,  anzi ripropone un tema – quello dello scontro tra ambienti familiari con tradizioni e abitudini differenti – già affrontato più volte sul grande schermo: da Shrek 2 (con esiti esilaranti) ai vari Ti presento i miei.

Ai bambini però poco importa e si divertono sempre molto quando Drac per testare le abilità di volo del piccolo Dennis lo lascia cadere dalla torre più alta, sotto gli sguardi attoniti di Murray e Frank. Ed è proprio Drac uno dei personaggi meglio disegnati e carichi di sfumature: un vampiro ironico e irriverente, molto “moderno” nonostante l’immagine classica. E così suo padre Vlad (a cui nella versione originale presta la voce Mel Brooks, e in Italia Paolo Villaggio), vampiro tutto d’un pezzo che sappiamo già finirà per adorare il pronipote  nonostante i suoi geni umani.

In definitiva, anche se manca il dirompente effetto sorpresa garantito nel primo capitolo dallo script di Robert Smigel (qui affiancato dal più scontato Adam Sandler), il racconto procede fluido sui binari di un divertimento mostruoso, mettendo sul piatto un soggetto che invita all’integrazione. Non ci saranno i lampi di genio e poesia di Inside Out, ma per un sabato pomeriggio al cinema con i propri figli o nipoti (Achi, parlo proprio con te) il divertimento è assicurato.

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