Baby Bump (Kuba Czekaj, 2015)

di Victor Musetti.

Primo ad essere proiettato dei tre film prodotti quest’anno dal Biennale College della Mostra del Cinema di Venezia, Baby Bump, del polacco Kuba Czekaj è un insolito e visionario racconto di formazione esteticamente a metà strada tra una fiaba moderna e un fumetto.

Mickey House è un ragazzino di 11 anni. Sta entrando nella pubertà e, con questo, sta vivendo le sue prime pulsazioni sessuali con estremo malessere, ossessionato com’è dal corpo di sua madre e dalle imperfezioni del proprio. Tra pensieri incestuosi, scoperte disturbanti e una vita sociale praticamente assente, Mickey vive privo dei mezzi necessari a fare una netta distinzione tra realtà e immaginazione.

Le influenze di un film come Baby Bump sono molte e piuttosto riconoscibili, diviso com’è tra un’estetica di fondo che ricorda molto l’Harmony Korine di Gummo e un’edulcorazione stilistica Wes Andersoniana ormai abusata nella sua ossessione con le simmetrie e le composizioni centrate delle proprie inquadrature. Più che su una sceneggiatura fondata su degli atti, dei climax e delle scene di senso compiuto, Baby Bump si regge su una struttura che è puramente audiovisiva, un po’ come fosse un’opera di video arte o un lunghissimo videoclip.

Si spazia infatti molto a livello creativo tra scene puramente musicali, scritte colorate che fungono da karaoke, immotivati split-screen che mirano ad associare scene parallele per puro gusto estetico e sequenze in animazione che paragonano il personaggio protagonista al topolino di un “celebre” cartone animato trasmesso di continuo sulla televisione via cavo. C’è anche una ben evidente e interessantissima ossessione nei confronti della carne e delle sue mutazioni, tra pancioni che si ingrossano terribilmente, uova giganti, peni mozzati e brufoli da scoppiare, con derive visionarie e allucinatorie quasi degne di un Cronenberg degli esordi.

Ciò che però si potrebbe leggere come un mero esercizio stilistico e produttivo nasconde in realtà uno sforzo ammirevole di esprimere nel modo più forte e disturbante possibile le sensazioni di un’età in cui i cambiamenti ormonali possono creare dei veri squilibri mentali e possono essere fonte di numerose debolezze caratteriali. Baby Bump è quindi in realtà un film schizofrenico come capita di vederne davvero di rado. E fa di certo onore ancora una volta al progetto Biennale College il fatto di saper alternare così sapientemente tra prodotti puramente commerciali (oltre che di qualità) e altri, come questo, così atipici e fuori dal normale ma che promettono di fare molta strada nei festival di tutto il mondo una volta terminata la Mostra al Lido.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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