di Victor Musetti.
Primo ad essere proiettato dei tre film prodotti quest’anno dal Biennale College della Mostra del Cinema di Venezia, Baby Bump, del polacco Kuba Czekaj è un insolito e visionario racconto di formazione esteticamente a metà strada tra una fiaba moderna e un fumetto.
Mickey House è un ragazzino di 11 anni. Sta entrando nella pubertà e, con questo, sta vivendo le sue prime pulsazioni sessuali con estremo malessere, ossessionato com’è dal corpo di sua madre e dalle imperfezioni del proprio. Tra pensieri incestuosi, scoperte disturbanti e una vita sociale praticamente assente, Mickey vive privo dei mezzi necessari a fare una netta distinzione tra realtà e immaginazione.
Le influenze di un film come Baby Bump sono molte e piuttosto riconoscibili, diviso com’è tra un’estetica di fondo che ricorda molto l’Harmony Korine di Gummo e un’edulcorazione stilistica Wes Andersoniana ormai abusata nella sua ossessione con le simmetrie e le composizioni centrate delle proprie inquadrature. Più che su una sceneggiatura fondata su degli atti, dei climax e delle scene di senso compiuto, Baby Bump si regge su una struttura che è puramente audiovisiva, un po’ come fosse un’opera di video arte o un lunghissimo videoclip.
Si spazia infatti molto a livello creativo tra scene puramente musicali, scritte colorate che fungono da karaoke, immotivati split-screen che mirano ad associare scene parallele per puro gusto estetico e sequenze in animazione che paragonano il personaggio protagonista al topolino di un “celebre” cartone animato trasmesso di continuo sulla televisione via cavo. C’è anche una ben evidente e interessantissima ossessione nei confronti della carne e delle sue mutazioni, tra pancioni che si ingrossano terribilmente, uova giganti, peni mozzati e brufoli da scoppiare, con derive visionarie e allucinatorie quasi degne di un Cronenberg degli esordi.
Ciò che però si potrebbe leggere come un mero esercizio stilistico e produttivo nasconde in realtà uno sforzo ammirevole di esprimere nel modo più forte e disturbante possibile le sensazioni di un’età in cui i cambiamenti ormonali possono creare dei veri squilibri mentali e possono essere fonte di numerose debolezze caratteriali. Baby Bump è quindi in realtà un film schizofrenico come capita di vederne davvero di rado. E fa di certo onore ancora una volta al progetto Biennale College il fatto di saper alternare così sapientemente tra prodotti puramente commerciali (oltre che di qualità) e altri, come questo, così atipici e fuori dal normale ma che promettono di fare molta strada nei festival di tutto il mondo una volta terminata la Mostra al Lido.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]