Terminator Genisys (Alan Taylor, 2015)

di Fausto Vernazzani.

Riattivare un franchise negli anni ’10 del terzo millennio significa avvicinarsi alle nuove generazioni con una storia già collaudata e di grande successo, capace di sfruttare anche il fandom dell’epoca che fu. Ci sono modi e modi per riuscire nell’ardua impresa e in tanti casi ha funzionato, in molti di più è stato un fallimento; Terminator Genisys si colloca esattamente a metà, soprattutto perché è difficile immaginare di saltare direttamente al quinto film della saga senza essersi mai seduti a vedere almeno il primo del 1984 e il secondo Terminator 2: Il giorno del giudizio, rendendo l’idea della riesumazione per i più giovani piuttosto improbabile: la Paramount voleva, insomma, solo capitalizzare su un vecchio giocattolo.

Il vecchio giocattolo si è dimostrato, però, obsoleto su certi aspetti, volendo parafrasare l’ormai abusata battuta recitata da Arnold Schwarznegger nel film diretto dal buon Alan Taylor, firma televisiva (Mad Men) che debuttò al cinema con l’ottimo Palookaville. Obsoleto è la parola giusta piovuta dal grande schermo, per una storia che tutto sommato funziona e può soddisfare chiunque cerchi da Terminator Genisys qualcosa di nuovo dalla solita guerra contro le macchine ribelli aizzate dal crudele Skynet, il programma creato dall’uomo alla fine degli anni Novanta per controllare tutte le testate nucleari… utilizzate contro gli stessi “padroni” una volta presa coscienza della propria esistenza.

Terminator Genisys resta un film d’azione come i predecessori, ma l’aspetto introspettivo prende il sopravvento, la dose di Terminator 2 raddoppia e il T-800 adesso riesce a esprimere sentimenti di gran lunga più sofisticati dell’androide che salvò il piccolo John Connor dal temibile T-1000. La storia del nuovo capitolo cambia le carte in tavola: partiamo da una grande vittoria di John, nel futuro, pronto a spedire Kyle Reese nel 1984 per proteggere sua madre dall’attacco di Skynet, conosciuto nel primo film; ma quando Reese arriva a destinazione, le cose sono molto diverse. Genisys prende di petto la questione dei paradossi temporali: adesso possiamo affermare di essere in un multiverso.

 

Nel 1984 è Sarah Connor a salvare Reese dall’attacco di un T-1000, tutto perché qualcuno in un futuro ancor più distante ha inviato negli anni Settanta un T-800 per proteggere la madre del capo della resistenza umana quando ancora era bambina. Da allora lei ha vissuto sotto la sua protezione, addestrata per compiere il suo dovere e portare al mondo John Connor. Una nuova guerra durata oltre quarant’anni che adesso si protrae al 2017, quando una grossa corporazione informatica si prepara a lanciare una Applicazione che cambierà il corso della storia: Genisys, solo un altro nome per Skynet. Ed è qui che Terminator Genisys si dimostra obsoleto: nel demonizzare la macchina a tutti i costi, anche oggi.

Dove regge bene è con Schwarzie, Taylor, quasi fosse una puntata del mitico show della AMC, ne trae primi piani su primi piani, ponendo l’accento su quell’evoluzione del T-800 mai potuta seguire dopo la conclusione di Terminator 2. Fin dove la macchina non è umana? Un peccato, invece, che il resto del cast non si dimostri all’altezza, Jai Courtney continua a farci chiedere quale sia il motivo del suo successo (prossimamente in Suicide Squad), Emilia Clarke delude se non porta con sé i draghi de Il trono di spade, mentre Jason Clarke e J.K. Simmons lasciano presupporre che ci sarà dell’altro in futuro per loro, in particolare per il secondo. Matt Smith? Non si è capito perché ingaggiarlo se a malapena si ha il tempo di riconoscerlo, forse per lui varrà la stessa regola degli ultimi due succitati.

Il risultato finale ci porta però a definirlo di certo il miglior Terminator dai tempi della “dipartita” di James Cameron dal franchise, nettamente superiore a Terminator 3: Le macchine ribelli, il peggiore in assoluto, e Terminator Salvation, il tentativo fallito di reboot con tanto di Christian Bale e Sam Worthington. L’azione a suo modo non manca, i riferimenti ai precedenti film non sono gettati lì casualmente come nel terribile Jurassic World, anzi, sono parte integrante della nuova storia, e più di tutto si cerca di andare avanti col discorso fantascientifico di base: il viaggio nel tempo è una cosa complessa e al centesimo è necessario prendere dei provvedimenti. Taylor e il suo team lo hanno fatto. Chapeau.

 

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