L’effetto wow non salva il Jurassic World di Trevorrow.
Senza indugio possiamo annunciarlo: Jurassic World è il peggiore dei quattro sequel di Jurassic Park. Subito l’orrore e lo scempio in sala, ho deciso di vedere l’exploit di Colin Trevorrow come una favola meta-cinematografica, l’esempio di come sempre il sequel, il reboot o il remake è stato inteso ai giorni nostri.
Tutto parte da uno scambio di battute tra i due protagonisti interpretati dai mal utilizzati Chris Pratt e Bryce Dallas Howard:
Claire: La direzione pensa che la modificazione genetica aumenti il fattore wow.
Owen: Sono dinosauri, sono già wow.
Qui non si bada a spese
Riassumiamo in breve la trama prima di proseguire: il magnate Simon Masrani (Irrfan Khan) riesce a mettere in pratica il parco dei dinosauri sognato da Hammond, diretto ormai da anni dalla giovane e gelida Claire, alle prese ora con le prove delle misure di sicurezza di un nuovo dinosauro, l’Indominus Rex.
Con nuovo si intende letteralmente nuovo, creato ex novo nei laboratori della InGen – guidati da B.D: Wong, unico del cast originale a far ritorno. Come da manuale, la creatura si libera e scatena il caos sull’isola e solo Claire con l’aiuto dell’addestratore di raptor Owen si potrà salvare il salvabile.
Never Forget
Tragedia annunciata e registrata nella memoria col ricordo degli eventi del primo Jurassic Park e dei fatti incredibili di cui fu protagonista una Los Angeles sbranata da un tirannosauro fuggito al controllo della InGen. Meno importante quanto accadde in Jurassic Park 3 ma come biasimarli?
Nonostante nulla di positivo sia mai nato dal contatto tra umani e dinosauri hanno comunque deciso di costruire uno zoo coi dinosauri, per di più con la collaborazione della InGen responsabile delle atrocità di LA. Peggio ancora, adesso la InGen è supervisionata da un’organizzazione paramilitare.
Perché? Perché a quanto pare qualcuno abbastanza folle pensa ci siano acquirenti interessati a un’applicazione militare dei velociraptor. Quel qualcuno nel film è uno sprecato e iper-bidimensionale Vincent D’Onofrio, col fiato sul collo di Owen, l’addestratore dei raptor, contrario alla prospettiva.
L’effetto WOW
Insomma, i dinosauri non erano wow abbastanza? A quanto pare no, ed è il pensiero di ogni regista, produttore, sceneggiatore quando è chiamato a dirigere un nuovo capitolo di una saga: più denti, più artigli, più mostri.
Qui abbiamo la parabola del remake, un plot dal gusto noto a cui vengono aggiunte spezie a casaccio per renderlo più saporito, ma non per questo più buono. Jurassic World è un’impepata di cozze cotta da una Nonna Papera impazzita.
Fanservice ovunque
Dispiace essere così schietto per Trevorrow, il novellino chiamato a sopportare e obbedire ai produttori che lo avranno costretto a eseguire ogni ordine possibile, ma Jurassic World è imperdonabile. Prende a piene mani dai precedenti ripetendo scene già viste. Il risultato è un blando remake di Jurassic Park con una spruzzata de Il mondo perduto.
C’è però una grossa differenza, più o meno importante ai fini della riuscita del film, lo ammetto, ma è comunque significativa se consideriamo l’impatto che Jurassic Park ebbe sulla posizione dei dinosauri nella cultura generale del pubblico, un dettaglio non indifferente secondo il sottoscritto.
Spielberg si avvalse di consulenti scientifici come Jack Horner per restare fedele all’immagine che le ultime scoperte scientifiche davano dei dinosauri. Era il 1993 e da allora ne sono passati di studi sotto i ponti e neanche uno di questi è stato considerato per Jurassic World. Rappresentazione congelata al passato.
Una direzione presa di sicuro per rispettare il ricordo dei fan, ma quanto avrebbe in realtà giovato una visione completamente nuova? Sarà magari difficile sostituire l’immagine del mega-rettile con quella di grosse bestie piumate, ma tant’è e ciò non vuol dire che la paura scompaia.
La seconda grossa differenza e difetto mortale è nella pessima protagonista femminile interpretata dalla Howard, l’opposto della dr.sa Sattler di Laura Dern. Incapace di prendersi cura di sé, a metà tra John Hammond e un pezzo di arredo lucidato per essere messo in bella mostra. Come un animale in gabbia.
Jurassic World purtroppo non ha alcunché di salvabile se non il carisma di Chris Pratt e la speranza che il sicuro sequel sia migliore del genitore adesso nelle sale italiane. Magari senza Colin Trevorrow, dimostratosi senza alcuna capacità di mediare tra le esigenze di produzione e quelle narrative.
Fausto Vernazzani
Voto: 2/5