La Grande Bellezza: Guerra aperta ai Mulini a Vento

La grande bellezza e la battaglia contro l’odio inesistente.

«La grande bellezza va visto. Ci stiamo ancora interrogando sulla sua vera natura, che sfugge a una definizione precisa almeno dopo una sola visione», scrive così Alberto Crespi nella sua recensione su L’’Unità, critico cinematografico rispettabile, accusato da Franco Ferri di Cinema e Critica di essere caduto sotto il «timore di un giudizio certo».

Eppure è difficile riuscire a non trovare un’’opinione positiva nell’articolo di Crespi. Non è ben chiaro i giornali italiani, grandi quotidiani e piccoli blog, cosa abbiano avuto in mente quando si è scatenato il caso de La grande bellezza, il film di Paolo Sorrentino questa sera al Dolby Theatre per ricevere, molto probabilmente, un Oscar come Miglior Film Straniero. Già pochi giorni dopo la sua presentazione al Festival di Cannes si gridò allo scandalo: l’’Italia odia suo figlio.

Perché i giornali italiani hanno stroncato La grande bellezza? Se ne discute ancora oggi, quasi un anno dopo la sua uscita nei cinema, ma una semplice ricerca su internet porta ai pareri più modesti del su citato Crespi, all’’elogio lirico di Natalia Aspesi su La Repubblica, le quattro stelle di Roberto Escobar su L’’Espresso, su ComingSoon Federico Gironi racconta di un film forte grazie ai suoi paradossi, o ancora si può leggere Fabio Ferzetti su Il Messaggero descrivere il film, sì imperfetto, ma prima di tutto travolgente (non si direbbe in senso completamente negativo).

A esser contro sono La Stampa con la sua critica Alessandra Levantesi Kezich e, soprattutto, Paolo Mereghetti dal Corriere della Sera che scrive: «Perché il nodo di un film ambizioso e misterioso insieme, a volte affascinante nella sua visionarietà, è proprio questo, di un dialogo fin troppo ricercato nella sua letterarietà e che finisce per apparire ridondante e persino sentenzioso».

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Volendo fare una media – evitando di sottolineare con chi siamo d’accordo e con chi non, la recensione pubblicata a Maggio parla da sé – il risultato è sicuramente positivo: alla critica italiana il film di Paolo Sorrentino è bene o male piaciuto.

Nessuno ha però gridato al capolavoro.

Ed ecco il nocciolo della questione. Perché risulta assurdo credere al “popolo del web”, inferocito contro la critica italiana che non ha saputo apprezzare La grande bellezza al contrario delle testate estere, fatte le dovute eccezioni demonizzate e bruciate sul rogo nel giro di pochi istanti, vittima numero uno il celebre Cahiers du Cinema.

In qualche modo Andrea Muniz su rubettinoeditore.it svela, con non poca velata ironia in una classifica delle “migliori” riflessioni sul film, l’’esatto contrario di quanto molti credono stia accadendo: l’’Italia ama La grande bellezza, ama Sorrentino.

Nonostante questo articoli aggressivi come l’’invettiva contro i «furbi» e i non «lungimiranti» che hanno attaccato il film dall’alto della loro boria – per usare due termini comparsi sull’infuocato Fanpage – si sono moltiplicati come conigli, cercando di spiegarsi come mai noi italiani non siamo mai capaci di apprezzare quanto abbiamo e quanto siamo invidiosi del successo altrui. D’altro canto fa riflettere: è forse una gara a chi indovina se il film piacerà o meno alle platee internazionali? Non è questo il compito di chi fa critica, il lavoro di previsione spetta agli esperti di marketing.

Piovono a cascata citazioni dalle recensioni del The Guardian (citando sempre Peter Bradshaw e dimenticando il parere tiepido di Mark Kermode) e Variety, dal New York Times a… …basta così, perché qui finiscono i giornali più noti. A loro si sono aggiunti RogerEbert.com, il Chicago Tribune, il BFI, Screen Daily, Le Monde e IndieWire, strenuo sostenitore del film, al punto da sperare (a suo tempo) di vedere La grande bellezza onorato agli Oscar allo stesso modo di come fu accolto Amour di Haneke un anno fa.

Persino la rinomata Criterion ha voluto esprimere il suo apprezzamento verso il film, includendolo nel proprio prestigioso catalogo. Né sono da escludere le innumerevoli candidature ai vari “Oscar” nazionali e continentali: BAFTA, European Film Awards, Golden Globe, César e Goya (dove ha perso contro Alabama Monroe da una parte e Amour dall’’altra), per culminare con la notte degli Oscar di oggi e il David di Donatello che arriverà.

A dar manforte agli stranieri intervengono anche gli italiani “esteri”, come Beppe Severgnini, evidentemente scosso dal parere del suo collega di giornale Mereghetti che l’’avrà messo forse in cattiva luce di fronte a chi vive al di là dell’Atlantico, corso ai ripari sul New York Times, cercando di spiegare perché agli italiani non è piaciuto il film.

O Arianna Letizia (e Santiago Zabala), che sul Guardian è ospitata per dirla più grossa di tutti gli altri: quanto è assurda l’’Italia, un paese che elogia il nuovo governo di Matteo Renzi e parla male de La grande bellezza. Il cinema ha oltrepassato sé stesso, il film che non voleva (?) essere politica lo è diventato, tutto per poter aggredire con una qualche giustificazione popolare la stampa italiana. La stessa che su un blog illustre (contano anche loro) come 404, con la penna di Salvatore De Chirico, ha scritto: «La Grande Bellezza è un film meraviglioso nella sua sincerità e nella sua resa cinematografica».

Allora contro cosa grida il “popolo”? Chi è il nemico se non il proprio vicino di casa, l’’amico su Facebook, o il tweet di un conoscente a cui si conferisce un valore anche solo numerico esagerato? Chi è il colpevole contro cui un Severgnini cerca di aizzare la folla? Il fruitore del cinema, italiano e non, è così avvelenato da aver bisogno a tutti i costi di scontrarsi contro la cosiddetta casta dei giornali per trovare il malfattore che lo ha trascinato così in basso? Ma siamo davvero così in basso oppure siamo sul serio accecati da qualcosa di grande, da una rabbia impossibile da convogliare contro i veri colpevoli?

Non è la stampa il male, non in questo momento, non in questo caso, e parliamo di cinema, non di politica interna, né lo è Sorrentino o Silvio Berlusconi, subito tirato in causa perché proprietario della Medusa Film che ci ha messo i finanziamenti. Influente, certo, anche negli Stati Uniti, ma i pareri di giornali così variegati non sono invenzione di nessuno: La grande bellezza è piaciuto a tanti.

Forse la soluzione è solo una: imparare a godersi un film e il suo successo, senza dover a tutti i costi accoltellare il prossimo se con noi non è d’accordo o inventarsi un avversario pur di sentirsi vincitori in un confronto che non c’è. Non perché l’’ha detto un francese tanto tempo fa, ma perché è la regola del buon vivere civile.

Fausto Vernazzani
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