Top Ten 2013: Le sorprese dell'anno

di Fausto Vernazzani.

Le liste sono belle, perché ricevere un consiglio su un film (o altro) da guardare permette a volte di scoprire cose nuove. E’ l’unica cosa che dirò a difesa delle mille top ten attaccate ogni anno da critiche su critiche. Così, come già fu fatto per l’anno 2012, ecco che a metà Gennaio arrivano tre liste per celebrare il 2013 e tutto ciò che è diventato disponibile durante quel ciclo di 365 giorni. La parte che preferisco è quella delle “sorprese”, film da cui nessuno si aspettava niente e che eppure sono stati capaci di farsi rivalutare, non per forza come capolavori o opere di genio, ma anche solo per essere gradevoli. L’ordine in cui sono inseriti è puramente personale, così come il giudizio sulle opere, molti delle quali non possono essere considerate memorabili, ma una buona ora e mezza da spendere davanti ad uno schermo armati di pop-corn oppure fagioli alla messicana. De gustibus.

10. Percy Jackson: Sea of Monsters. La ricerca di una nuova serie che possa sostituire Harry Potter è continua e non avrà mai lo stesso successo, neanche un quarto di quanto ha ottenuto J. K. Rowling. Il tentativo di trarre qualcosa di simile dalla serie di romanzi di Rick Riordan sui semidei figli degli Dei dell’Olimpo era fallito al primo film, Percy Jackson and the Olympians: The Lightning Thief, diretto tra l’altro dallo stesso Chris Columbus che inaugurò gli otto film sul maghetto di Hogwarts. Tuttavia, dopo un inizio scombinato e poco interessante, le avventure del figlio di Poseidone, Percy Jackson, diventano grazie alla nuova regia di Thor Freudenthal (con un curriculum raccapricciante), una piacevole dose di effetti speciali e avventure per ragazzi, nonostante tutte le licenze sugli antichi miti greci. Una sorpresa inaspettata che lascia ben sperare per il prossimo capitolo: Percy Jackson: Titan’s Curse.

9. Noi siamo infinito. Logan Lerman si sta facendo notare tra film piccoli e grandi, blockbuster e storie più intime, come quella di The Perks of Being a Wallflower, adattamento del romanzo di Stephen Chbosky, il quale ha deciso di scendere in campo per far sì che la sua opera fosse rispettata. Il risultato è un piacevolissimo romanzo cinematografico di formazione decorato dalle eccellenti interpretazioni dei tre protagonisti Lerman, Emma Watson e, soprattutto, Ezra Miller. In un anno dove le coming of age story sono state ultra-osannate con film mediocri come C’era una volta un’Estate (uscito in Inverno in Italia), The Kings of Summer e The Spectacular Now, è giusto ricordare un film che ha segnato un ottimo esordio alla regia per Chbosky, e un nuovo capitolo del genere da ricordare e tenersi stretto.

8. Pain & Gain. Michael Bay è uno di quei registi da cui non ti devi mai aspettare nulla, i suoi film non vanno guardati neanche per puro divertimento, essendo il più delle volte solo un esercizio di stile per il reparto di effetti sonori. Ma nel momento in cui il regista più tamarro di Hollywood fa un passo indietro e realizza un film per “soli” 26 milioni di dollari, allora devi chiederti che cosa ne uscirà. Pain & Gain è una commedia nera con i suoi alti e bassi, ma la caratterizzazione del trio di personaggi di Mark Wahlberg, Dwayne Johnson e Anthony Mackie è perfetta, così come l’alchimia creatasi tra gli attori, ognuno capace di primeggiare sull’altro con un equilibrio che non ci si sarebbe aspettato con Bay alla regia.

7. John Dies at the End. L’anno è il 2012, ma prima di essere davvero disponibile per tutti (in un modo o nell’altro, è la legge della giungla per via di chi non distribuisce) ce n’è voluto di tempo. La firma è di Don Coscarelli, un genio del trash a cui è stata affidata la regia del romanzo di David Wong: una nuova droga, la salsa di soia, è capace di farti vedere mondi e creature che infestano la Terra. Assurdo sin dall’inizio, anzi, sin dal titolo spoiler che annuncia la morte del co-protagonista, Coscarelli dà il via ad un’opera che sfugge ad ogni possibile definizione. John Dies at the End è un film da vedere assolutamente, una visione comica a tratti lovecraftiana che lascia ben sperare nella possibilità di un sequel.

6. La notte del giudizio. Gli Stati Uniti vessati dalla violenza senza controllo decidono di istituire una notte in cui ogni crimine diventa legale, persino l’omicidio. Horror con critica sociale annessa come se ne vedono ormai raramente, dove Ethan Hawke e Lena Headey con la loro famiglia per bene si troveranno a dover fronteggiare l’ipocrisia di una società che continua a favorire i più agiati rispetto agli indifesi. Diretto dal mediocre James DeMonaco, The Purge (titolo originale) è una versione in salsa distopica di Assault on Precint 13, di cui tra l’altro diresse il remake proprio con Hawke protagonista nel 2005, dove le uccisioni e la tensione sanno farsi voler bene senza annoiare e incollando lo spettatore alla poltrona. Come dovrebbe essere.

5. Big Ass Spider!. Conosciamo tutti i B-Movie, talvolta tanto B non lo sono nemmeno, ma i Z-Movie sono un territorio ancora da esplorare e magari apprezzare. Il regista Mike Mendez probabilmente non si aspettava di ricevere anche sola mezza critica positiva con Big Ass Spider!, film in cui un disinfestatore (Greg Grunberg) esperto in ragni si trova a dover fronteggiare un gigantesco aracnide modificato con dei microbi presi da Marte, ma il destino gli ha sorriso. Perché? Perché non prendersi sul serio è il primo passo per divertire il pubblico e in questo Big Ass Spider! vince su tutta la linea, un vero #EpicWin cinematografico per Mendez, il cui cast è stato trovato letteralmente nella lista di amici su Facebook. Spaccone, effetti speciali da discount, attori terribili, una punta di razzismo anti-messicano ed hai il perfetto  mockbuster all’americana che promette solo divertimento e null’altro. Basta non prendersi troppo sul serio anche come pubblico.

4. Bad Milo!. Ancora punti esclamativi, un chiaro segno per film (horror) con l’unico intento di stampare un sorriso sul volto di chi li sceglie. Jacob Vaughan in questo caso opta per un demone che abita nel colon del suo protagonista, un eccellente Ken Marino, manifestazione d’una rabbia mai trasmessa. Le opzioni anche in questo caso erano due: cercare di far paura (L’acchiappasogni ha già fallito in questo) o di far ridere, senza essere troppo grossolani. Il risultato è una serie di giochi di parole e sequenze scatologiche un po’ nascoste per non cadere nel cattivo gusto, una trama presa pari pari dai classici horror a base di demoni, ed un grande Peter Stormare nel ruolo di uno psichiatra mezzo sciamano. Da vedere assolutamente, una delle migliori sorprese dell’anno.

3. Last Passenger. Un treno che non si ferma mai, un cattivo invisibile e introvabile, uno sparuto gruppo di persone alla disperata ricerca di una salvezza fuori da quella macchina destinata a schiantarsi. L’inglese Omid Nooshin non ha diretto un capolavoro, né un film capace di superare la sufficienza, ma con un cast di sconosciuti e senza un budget stratosferico, crea ansia e tensione dal nulla, e per un’ottantina di minuti ci si sentirà su quel treno, tra eroi nascosti, bambini e i soliti equivoci e amori nati dalle tragedie. Un film(etto) interessante con una carica in più rispetto a tanti blockbuster di Hollywood, utile per abituarsi a pretendere di meno da questo genere di prodotti.

2. Don Jon. Nessuno era mai riuscito a rappresentare sullo schermo la figura del Tamarro, quello con la t maiuscola, una delle varie etnie sociali dell’essere umano. Joseph Gordon-Levitt debutta alla regia e centra in pieno il bersaglio. Inizialmente intitolato Don Jon’s Addiction, il film di JGL – di cui è anche protagonista -, parla di un palestrato tutto porno e discoteca cascato tra le braccia di una ragazza manipolatrice (Scarlett Johansson) che tenta di trasformarlo in qualcosa che non è, senza accettare i suoi difetti, né i suoi pregi, a parte i muscoli. Sembrava un dramma à la Shame, invece Don Jon è una godibilissima commedia puntellata con qualche critica qua e là e con per fondamenta una sceneggiatura impeccabile. Come esordio, è notevole.

1. Facciamola finita. Altro debutto, altro successo (un anno di esordi con gli attributi), questa volta ad opera di Seth Rogen e Evan Goldberg, coppia di sceneggiatori di alcune delle commedie più fortunate degli ultimi anni. This Is the End è ufficialmente la sorpresa dell’anno, se come me non si amano alla follia i loro prodotti precedenti, in cui, con una immensa autoironia, le star di tante commedie interpretano se stesse, mostrandosi come dei balordi, drogati, pazzi e scapestrati: tutti di fronte all’Apocalisse biblica, in attesa del giudizio finale che deciderà se spedirli all’Inferno o in Paradiso. Rogen, Jay Baruchel, Jonah Hill, Craig Robinson, Danny McBride e James Franco confezionano una horror comedy che non manca di stringere la mano ad un genere e l’altro, il più delle volte prendendosi in giro apertamente. Impossibile resistere. Soprattutto al finale.

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