Vanishing Waves - CineFatti

Vanishing Waves/Aurora (Kristina Buožytė, 2012)

Il fantascientifico mondo in coma della lituana Buožytė.

Strilla “rien ne va plus!” e fai girare la roulette a forma di mondo. Ogni numero è una zona geografica del globo terrestre e dovunque la pallina vada a finire avrete puntato su uno dei mille posti dove in un modo o nell’altro qualcuno ha battuto un ciak.

Percentuale di vittoria al 100%. Alcuni paesi sono poi meno noti di altri, come la Lituania, da cui non sono mai sbucati né grandi registi né altri, ma può capitare, specie in un’epoca di condivisione avanzata, di trovarsi di fronte qualcosa di inaspettato, come il Vanishing Waves di Kristina Buožytė e scritto da Bruno Samper.

Una co-produzione europea con la Lituania al centro – Francia e Belgio ai lati – e sorprende ancor di più il genere, non il solito drammatico exploit, ma un film di fantascienza, peraltro dal titolo indeciso, Vanishing Waves o Aurora.

Dare voce ai comatosi

Lucas (Marius Jampolskis) lavora in un reparto di ricerca sulle neuroscienze, il suo ultimo progetto è offrirsi come cavia per una teoria su cui lui e la sua squadra sono al lavoro da anni: entrare in contatto con il cervello di una persona in coma per riuscire a sincronizzare i pensieri, aprire un canale di comunicazione.

Nessuno si aspettava un risultato, ma dopo un primo gran mal di testa Lucas riesce a costruire un legame neurologico col comatoso, una persona da lui mai vista in faccia: Aurora (Jurga Jutaité), una giovane e bella senza parole e con molti sorrisi, abitante di una terra tutta nella sua testa, nella sua mente, confusa e a caccia di vita.

Scatta subito l’’amore, accompagnati dai sensi artificiali e dalle creature confuse dei due loro subconsci intrecciati, ma per Lucas si tratta di inseguire un coniglio bianco in fondo a un tunnel destinato a chiudersi su se stesso.

Un cugino di Solaris

Il paragone più vicino è Solaris, ma ovviamente sia sul piano tecnico che narrativo con Vanishing Waves siamo lontani anni luce dal capolavoro di Tarkovskij, eppure sono evidenti i tratti di somiglianza nella sceneggiatura, un uomo che insegue una donna inesistente, la cui presenza eterea può modificare il mondo pur non toccandolo.

Le implicazioni sfuggono, lo sviluppo di Hari e del Dr. Kelvin segue una strada filosofica, Lucas con Aurora combatte contro i mulini a vento, e l’’inutilità del chiudersi in se stessi si palesa così come l’’odio profondo per la realtà tangibile, di cui non si può godere come di tutto ciò che la nostra mente ci offre: riparati dagli occhi di estranei e conoscenti, su spiagge di sabbia pulita bagnate da acque limpide, corpi che si uniscono senza alcuna preoccupazione, abbandonati all’attrazione.

Attraversare le barriere mentali

Buožytė e Samper portano Lucas a una regressione quasi primitiva, dimentico dei suoi doveri di scienziato, lasciati alle spalle esperimento dopo esperimento e coperti con delle menzogne per essere il solo a vivere la felicità condivisa tramite dei cavi che uniscono due corpi separati da una parete, ma legati nell’inconscio.

Lungi dall’essere un capolavoro Vanishing Waves calca la mano, anche un po’ troppo, sulle estreme differenze di luce e fascino dei due mondi, lasciando lo spettatore nell’ansia di scoprire che altro può esserci dentro la testa di Aurora, e lì una deriva sensuale porta Aurora su rive tanto inaspettate quanto curiose.

Tuttavia le due atmosfere coperte da una affascinante patina luminosa bastano a incantare, ad avvolgere gli occhi di chi guarda ai corpi di chi vive, per modo di dire, all’interno del film.

La novità della mente

Non sarà l’’alba di un nuovo cinema Lituano, troppo presto e troppo poco per dirlo, ma un bell’esperimento di fantascienza da un paese finora silenzioso capace di costruire un passo verso un altro ambito ancora poco esplorato del genere, il viaggio all’interno della mente umana, di cui si sa sempre più anno dopo anno.

L’’importante è non lasciarsi impressionare dalla testa pelata di Jampolskis e dal suo naso prominente, né dai cibi scuri consumati da lui e Aurora in una scena a metà tra l’’horror e il grottesco. In ogni caso Vanishing Waves è da vedere, un’’opera ben riuscita che sa come catturare l’attenzione. Sarebbe giusto concedergli un paio d’ore visto che ben presto potrebbe diventare introvabile e dimenticato nonostante il suo piccolo successo nel circuito festivaliero.

Fausto Vernazzani

Voto: 3.5/5

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