Alfred Hitchcock al Cinema: Cinque Film da Rivedere sul Grande Schermo

di Fausto Vernazzani

Un sentito ringraziamento va a QMI per aver intrapreso un’iniziativa che anche in Italia finalmente prende piede: la ri-distribuzione dei classici, grandi e piccoli, nelle sale cinematografiche. E’ toccato in partenza ad Animal House, ma subito dopo il toga party più famoso del mondo è arrivato il turno del film più bello del mondo secondo il sondaggio della celebre rivista Sight&Sound: Vertigo. James Stewart e Kim Novak da ieri 21 Ottobre fino a domani 23 Ottobre, per purtroppo solo tre giorni, sarà in gran parte dell’Italia per colpire ancora una volta gli spettatori con l’immenso talento di Alfred Hitchcock, ancora una volta a distanza di 55 anni. In poco meno di un mese è già il secondo film di Hitchcock a tornare nelle sale, dopo il meraviglioso 3D de Il delitto perfetto, restituito alle originali intenzioni del regista, ed ora viene ovviamente naturale pretendere che il trend continui a prender piede, ecco quindi i cinque film di Hitch che moriamo dalla voglia di vedere sul grande schermo.

Il pensionante (The Lodger: A Story of the London Fog), uno dei primissimi film di Alfred Hitchcock, muto ovviamente, trattandosi del lontano 1927 quando The Jazz Singer iniziava a deliziare il pubblico con le prime voci al cinema. Ma il maestro del brivido non aveva bisogno di musica, né di voci per sfruttare il mezzo cinematografico al meglio e forse proprio la sua “gavetta” all’epoca del muto lo ha aiutato a rispettare maggiormente il potere dell’immagine quando divenne poi assuefatto alla collaborazione col grandissimo Bernard Herrmann, i cui meriti andarono poi ben oltre la semplice composizione delle colonne sonore. E vedere la nebbia di Londra, le atmosfere dove Ivor Novello, idolo delle folle del muto (e tra i protagonisti del Gosford Park di Robert Altman), assume i panni di Jonathan Drew, un misterioso pensionante. Una sfida difficile da vincere, ma chi tra gli amanti di Hitchcock non si fionderebbe in sala per vederlo?

Caccia al ladro (To Catch a Thief) ci offre sin da subito uno dei ruoli classici di Cary Grant, l’uomo sbagliato, un tema chiave nel cinema di Hitchcock non ancora reso al massimo in questo thriller avventuroso in cui Robie/Grant, ex ladro di gioielli noto come il Gatto e scarcerato in seguito ai suoi meriti nella lotta con la resistenza durante la guerra, viene ingiustamente accusato di essere tornato alla professione sulla Costa Azzurra dove ora cura il suo vigneto. E chi meglio di Grace Kelly poteva interpretare l’affascinante e splendida Frances Stevens, bionda come il regolamento di Hitch esige e dallo sguardo tanto innocente quanto colpevole. Da solo l’inseguimento sui tetti tra Grant e il ladro varrebbero il prezzo del biglietto, poco importa se non si tratta di uno dei grandi capolavori del Maestro, ma di suspense non ne manca neanche per un singolo istante. Un must in ogni caso.

L’uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much) non ha neanche bisogno di essere presentato per spiegare perché sarebbe assolutamente necessario vederlo al cinema. I magnifici scenari esotici dove James Stewart e Doris Day sono costretti a combattere contro il dolore castrante del rapimento del loro bambino, la splendida voce di lei e il famoso motivetto del Que sera, sera, così come ovviamente uno dei momenti chiave del cinema di Alfred Hitchcock: l’immensa scena dell’orchestra, il tentato assassinio. Impossibile poi non considerare almeno un altro film con James Stewart dopo Vertigo da vedere al cinema, ancora una volta, del resto parliamo di uno dei più grandi attori del cinema classico, un po’ come quel fascinoso e sfrontato viso di Cary Grant. Pagherei non so quale riscatto per poterlo vedere sul grande schermo.

Intrigo Internazionale (North by Northwest) ci riporta subito al tema dell’uomo sbagliato: Roger Thornhill, pubblicitario pieno di sé viene scambiato per George Kaplan, spia al servizio del governo USA. A poco servono le sue lamentele con James Mason, a capo dell’intrigo in cui Roger sarà avviluppato senza via di scampo, accusato di omicidio e tentato dalle labbra e dai capelli di Eve Marie Saint, una donna fin troppo generosa per essere vera. Sono due ore di film mozzafiato, la summa di tutti i temi mai affrontati nell’intera filmografia di Alfred Hitchcock e come non desiderare di rivedere sul grande schermo una delle scene più belle della storia del cinema: Cary Grant, eccelso protagonista ancora una volta, in una landa desolata, in attesa del vero Kaplan, ma sorpreso da un attacco più originale di quanto ci si potesse mai aspettare. E qui Bernard Herrmann è impossibile non citarlo, colonna sonora al cardiopalma. E che trailer.

Marnie e tutti si chiederanno perché non Psycho e non Gli Uccelli. Perché si tratta di un suo grande classico forse meno audace, ma con maggiore ricerca introspettiva, un viaggio nel colore rosso la cui forza la si può sentire con rinnovato vigore se ad esso vien ceduto il buio della sala cinematografica. Una Tippi Hedren seri problemi psicologici, col terrore degli uomini e cleptomane, lasciatasi abbandonare all’amore dell’industriale interpretato dal grande Sean Connery, uomo affascinante e allo stesso tempo indebolito da questa figura fragile che vaga di azienda in azienda come assistente segretaria, cambiandosi l’aspetto, ma peggiorando nella mente. Un ricorrere di temi già visti, ma come non rimanere come sempre incantati dall’intelligenza delle sceneggiature curate dai collaboratori di Alfred Hitchcock, come non innamorarsi delle musiche sempre più splendide di Bernard Herrmann . A suo modo un grande capolavoro.

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