Spettatori in Trance, ipnotizzati da Danny Boyle
È un piacere poter vedere un Danny Boyle nuovamente a suo agio nella Inghilterra di provenienza in seguito a quasi un decennio di assenza che lo ha portato in India con The Millionaire e nei canyon statunitensi di 127 ore con James Franco.
Vola adesso dal Chesire di Millions, epoca immediatamente precedente al cult horror 28 giorni dopo, alla Londra di In Trance, dove ha svolto l’oneroso e onorevole compito di dirigere la cerimonia di apertura delle Olimpiadi britanniche del 2012.
Non si tratta di un lavoro originale essendo una rielaborazione del piccolo invisibile film di Joe Ahearne, dove la trama esisteva così come la vediamo oggi sullo schermo, ma con una differenza non da poco: non era diretto da un artigiano come Boyle.
La memoria è nell’aria
È un capolavoro come Le streghe nell’aria di Francisco Goya (1798) a fare da sfondo a Simon Newton (James McAvoy), impiegato nello staff di sicurezza in una casa d’aste dove passano oggetti di valore inestimabile come il quadro di cui sopra.
Nel caso specifico il Goya è valutato circa 25 milioni di sterline, l’ideale per saldare i debiti di cui Simon si è coperto. L’aiuto esterno arriva da Franck (Vincent Cassel), criminale francese con base a Londra con una proposta per Simon.
La tela a Franck in cambio del pagamento del debito, un accordo “onesto” per le due parti coinvolte finché però non capita l’imprevisto: nel simulare una difesa del quadro, Simon è colpito alla testa da Franck con conseguente perdita di memoria.
Cosa fare dunque per trovare la refurtiva nascosta da Simon se lui in primis non ha alcuna memoria del furto? Un pestaggio è la prima soluzione, la seconda è coinvolgere la terapista Elizabeth Lamb (Rosario Dawson) esperta di tecniche di ipnosi.
Realtà perdute
Cosa siamo senza memoria? Un abile gioco di specchi e superfici riflettenti enfatizza il cuore di In Trance e la sua passione per il dubbio. Siamo nella mente di Simon oppure questa è davvero la realtà? È una finzione, un gioco o c’è dell’altro?
Il fido collaboratore alle luci Anthony Dod Mantle e Boyle giocano con sdoppiamenti, identità in frantumi in senso metaforico e fisico attraverso la predominanza del riflesso, un caos introspettivo dispiegato sulle immagini come un’ordinata confusione.
Ordinata perché Boyle non ama la sorpresa improvvisa, non fa Nolan di cognome, e costella dunque In Trance di una lunga serie di colpi di scena che mantengono alta la tensione e la curiosità e al contempo partecipe lo spettatore.
È un pregio anche della sceneggiatura scritta dal succitato Ahearne e John Hodge, dalla penna leggera, il cui merito è di aver spalancato le porte alla narrazione – e della percezione – facendola scorrere in libertà senza appesantirla con fronzoli inutili.
L’iconografia degli attori
Al cast spetta una serie di ruoli cui sono ampiamente abituati, rispettosi del simbolo che ognuno di loro è ormai diventato in lunghi anni di carriera. Un difetto se vogliamo, dietro cui sono visibili alcuni slanci della storia, svelati dal loro personaggio tipo.
Vincent Cassel è come suo solito un personaggio a tratti maledetto, ma con un gran cervello e la violenza pronta a scattare fuori dalle sue nocche. McAvoy è come suo solito l’ambiguità fatta attore, sempre oscillante tra cattiveria pura e bontà macchiata.
Rosario Dawson è sicuramente la più complicata da inquadrare, come caratterista, perché Boyle ne estrae ogni briciola di talento come di rado è stato fatto da altri, ma anche lei sappiamo sempre da quale parte del campo di battaglia è schierata.
Fausto Vernazzani
Voto: 4/5