Amityville Possession (Damiano Damiani, 1982)

di Roberto Manuel Palo

Sappiamo bene che la cinematografia horror italiana, negli anni ’80, molte volte calcava l’onda del successo di pellicole americane spacciando come seguiti i film tramite il titolo oppure riproponendo intere scene famose. All’inizio degli anni Ottanta i sottogeneri più diffusi in Italia erano gli zombie, la possessione demoniaca e le case infestate. Amityville Possession di Damiano Damiani non si discosta da questo trend. In questo, infatti, si trovano scene riproposte da varie pellicole come La casa ma, soprattutto, L’esorcista di cui è debitore sia del finale sia di una scena in cui sul corpo di Sonny (Jack Magner) esce la scritta col sangue “Save me”. E, ad un certo punto, pensate, appaiono anche gli zombie. C’è da aggiungere anche che Damiano Damiani è il regista di Alex l’ariete.

Da una introduzione del genere si potrebbe concludere che Amityville Possession sia una pellicola orribile. E, invece, è il contrario. Amityville Possession è una gran bella pellicola con l’unico difetto, appunto, di prendere troppo spunto dalle pellicole sull’argomento americane. La trama di Amityville Possession verte sugli episodi che accaddero prima degli eventi descritti in Amityville Horror di Rosenberg del ’79, ovvero sui motivi che portarono a rendere la casa di Amityville infestata. La famiglia Montelli si trasferisce ad Amityville in una casa con due finestre che sembrano due occhi. Se già in famiglia non si respira una buona aria con il padre (Burt Young) che picchia i figli e la moglie, la casa contribuisce ad accendere ancor più gli animi. Sonny, il primogenito, viene colpito dalla maledizione e viene posseduto da un’entità maligna. Intanto padre Adamsky (James Olson), prete di famiglia, intuisce che qualcosa non va e cerca in tutti i modi il consenso della Chiesa per un esorcismo.

Amityville Possession

Amityville Possession dimostra che in Italia abbiamo avuto dei mestieranti che ci sapevano davvero fare dietro la macchina da presa. Nonostante la soggettiva demoniaca sia simile a quella di un Dario Argento o di un Sam Raimi, i movimenti di telecamera sono davvero ottimi e riescono a creare dei momenti di genuina tensione che sorprendono molto positivamente, specie quando ci si avvicina al film con tutta la negatività del pregiudizio. Ad elevare il livello di tensione ed apprezzamento della pellicola ci pensa la colonna sonora di Lalo Schifrin che, grazie a rumori inquietanti, un sound incalzante e ai classici cori di bambini che son sempre efficaci, rende Amityville Possession ancor più inquietante.

In Amityville Possession c’è, inoltre, una buona (e non esagerata) presenza del sangue oltre ad un aspetto incestuoso ben sviluppato. La pellicola, però, come detto, non è esente da difetti. Oltre alla riproposizione di scene famose, è la psicologia dei personaggi che è ben poco sviluppata in favore del ritmo frenetico e senza sosta. Ciò non è necessariamente un male, ma era preferibile, a questo punto, accorciare la parte iniziale sui disagi di Sonny e incentrare quasi tutta la pellicola su quello che Sonny compirà e sulle sue conseguenze. Chi è più penalizzato dalla mancanza di caratterizzazione è papà Montelli che, all’inizio, sembra un personaggio fondamentale, ma poi viene abbandonato a se stesso. La recitazione non brilla di certo e non è un caso che Rutanya Alda (mamma Montelli) quell’anno vinse il Razzie.

Amityville Horror è un film consigliato a chi non è abituato con gli horror o con le possessioni demoniache e la visione di questa pellicola potrebbe essere una ottima iniziazione. Poi diverte e a tratti spaventa. Non ci si annoia e, al termine del film, nonostante non ne rimarrà a lungo il ricordo, avrete la consapevolezza di non aver perso novantanove minuti del vostro tempo.

See You Soon.

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