Di Roberto Manuel Palo
Quando eravamo piccoli, i nostri genitori erano soliti regalarci una console spacciandola per Super Nintendo o Playstation, mentre, invece, era una console con un centinaio di giochi fissi che veniva comunemente chiamata (almeno nel gergo di casa mia) 100 in 1. Open Grave di Gonzalo Lopez-Gallego può essere paragonato a quella console, ci sono 100 film in 1, da Buried a The Cube e tante altre similitudini che lo spettatore più appassionato riuscirà sicuramente a cogliere. E positivo? Potrebbe, se la tensione fosse palpabile dallinizio alla fine, ma la sceneggiatura di Chris Borey ed Eddie Borey non riesce sempre a tenere alta lattenzione.
Open Grave ha come protagonista Jonah (Sharlto Copley) che si risveglia in una fossa piena di cadaveri (scena che assomiglia sia al succitato Buried, sia al risveglio della Sposa nella bara in Kill Bill) e viene tratto in salvo da una ragazza con tratti orientali, muta, comunemente chiamata Brown Eyes (Josie Ho). John non ricorda il suo passato e neanche il suo nome e, scoprendo una villetta, fa la conoscenza di altre persone nelle sue stesse condizioni. Man mano che riaffiorano i ricordi, Jonah cerca di far luce su quella fossa comune e ciò che scoprirà non sarà affatto piacevole.
Sharlto Copley, già visto nei due film di Neil Blomkamp District 9 ed Elysium è molto bravo nella sua parte da protagonista in Open Grave ed oscura quasi completamente il resto degli attori che di certo non brillano di luce propria, anche se Josie Ho ha un visino dal fascino quasi magnetica e, nella parte della muta orientale, lespressione del volto ha unimportanza fondamentale, quindi complimenti alla cinese.
Open Grave comincia con una fossa comune e finisce con una ripresa dallalto altamente spettacolare della stessa, ma lidea, anche se interessante, viene sfruttata pochissimo in barba allalto potenziale della stessa, preferendo una storia incentrata sul recupero della memoria, argomento sfruttato innumerevoli volte e meglio nel cinema, vedasi Memento o il primo episodio della trilogia dedicata a Jason Bourne.
Nonostante tutto, il madrileno Lopez Gallego in Open Grave dimostra che con la macchina da presa ci sa fare come lo dimostrò in Apollo 18 anche se abusa con le riprese dallalto, spesso molto confuse. In alcune scene, però, sembra che Gallego non abbia ancora tanta dimestichezza con i meccanismi della suspence, risolvendo in fretta e furia e, talvolta, con riprese sbagliate, alcune scene che, per il sottoscritto, con una maggiore cura dei dettagli, avrebbero avuto un impatto molto diverso.
In conclusione, Open Grave può essere considerata una ventata daria fresca nel piattume estivo, ma non così tanto. Ciò è dovuto ai problemi citati poco sopra, oltre che ad una parte centrale davvero poco interessante con un senso di deja vù che si respira ad ogni secondo della pellicola. Il reparto recitativo non basta al film per elevarsi dalla striminzita sufficienza. Ne consiglio la visione? Se siete dei cinefili incalliti, sì, almeno proverete ad individuare i 100 in 1. Se non lo siete, virate sul classico tipo The Conjuring di Wan.
See You Soon.