Il ritorno di Romero agli zombie nel 2005

Anche George Romero fu influenzato dal grande ritorno degli zombie nel nuovo millennio e, rendendosi conto del clima politico e sociale particolarmente concentrato sulle nuove minacce, non si lasciò sfuggire l’occasione per ampliare la sua saga sui morti viventi e per fare una critica personale agli avvenimenti e alla società contemporanea.

Ed è così che, nel 2005, Romero realizza La Terra dei Morti Viventi dove ormai, come suggerisce il titolo, la Terra è in mano agli zombie e i sopravvissuti rimasti si trovano in una città fortificata nella quale i benestanti sono rinchiusi in un grattacielo e i poveri sopravvivono per strada. All’interno di una autoblindo, un gruppo di mercenari va in giro per cercare i pochi viveri rimasti massacrando gli zombie che incontrano. Gli zombie, però, si sono evoluti e attaccano in massa la fortezza per vendicarsi delle angherie subite.

C’è un certo richiamo a Carpenter in questa pellicola che non è casuale: come in molti hanno rilevato, La Terra dei Morti Viventi sembra a più riprese un film di John Carpenter, tanto nel delinearsi delle figure degli eroi e degli anti-eroi che nella sottotraccia politica del testo: umani e zombie sono classi ambedue “sfruttate” dalla cricca al potere. E, per paradosso, i primi risultano rassegnati o quasi, mentre i secondi si apprestano ad una rivolta epocale e sanguinosissima. Sicuro vengono in mente più titoli di Carpenter, primo fra tutti 1997: Fuga da New York e poi Fantasmi da Marte, quest’ultimo anche per la presenza dell’autoblindo cingolato (sarà fatto un riepilogo delle fonti utilizzate in un post di riepilogo di tutti i focus che sarà fatto a breve).

Nel corso degli anni Novanta, Romero aveva elaborato un plot, dal titolo Twilight of the Dead, ambientato in un mondo dove gli zombie, riacquistata un po’ di lucidità gestionale, assumevano il predominio territoriale del pianeta, costringendo i superstiti a starsene rintanati dentro città fortificate. Questo soggetto passa attraverso diverse fasi di cambiamento, quasi sempre sollecitate dalle committenze produttive. Una di queste poneva al centro l’idea di un treno blindato chiamato Dead Reckoning che attraversa i territori popolati dagli zombie.

La versione ultima fu ispirata dai tragici attentati dell’11 Settembre 2001. Il treno diveniva un veicolo semovente su due ruote e gli zombie si facevano furbi e combattivi. Romero tentò d’imporre Dead Reckoning anche come titolo, ma la produzione s’impuntò, nel timore che il pubblico non comprendesse la serializzazione del prodotto, chiedendo che la parola Dead comparisse alla fine, come per gli altri film.

Il ritorno alle radici, però, stavolta lascia un segno diverso. Perché La Terra dei Morti Viventi è prodotto e distribuito da una major, la Universal. E da subito, sin dai titoli, constatiamo come il progresso della tecnologia digitale possa far benissimo, dal punto di vista estetico, agli zombie, non più addobbati artigianalmente, ma perfetti nella loro sintesi tra graphic e make-up.

In La Terra dei Morti Viventi Romero usa gli zombie per muovere una critica, neanche troppo velata, alle istituzioni e alla politica di George W. Bush, con il personaggio di Kaufman (Dennis Hopper) che interpreta perfettamente il pensiero del presidente americano citandolo con la frase riferita agli zombie Non scendiamo a patti con i terroristi. Il regista non ha mai nascosto di essere rimasto molto colpito dall’impatto emotivo che l’11 Settembre ha provocato nella società americana e mondiale. Questo è stato il motivo che l’ha portato a mettere in scena un paese fortemente militarizzato, con la costante paura e avversità per lo straniero. Ancora una volta gli zombie sono usati da Romero per mettere in piedi la metafora della società contemporanea, ormai quasi diventata selvaggia, dove ognuno pensa a se stesso ed è chiuso nella sua individualità, sempre più intollerante per ciò che è diverso

Il regista americano, però, non termina qui la sua riflessione. Infatti, due anni dopo, nel 2007, gira Diary of the Dead dove sviluppa ancora di più una critica rivolta direttamente alla classe dirigente americana. Romero non ha mai nascosto, come detto, la sua avversità al Presidente Bush ed, in più, in questo periodo, si rafforza – sia nel regista sia nella comunità culturale statunitense – un vero e proprio rigetto per la politica nazionale, che adotta mezzi sempre più spietati e spudorati nei confronti dei popoli che si considerano nemici, accompagnati spesso da una campagna mediatica votata allo stesso principio.

In cerca di zombie in Diary of the Dead

Nel film il contagio avviene velocemente, dalla televisione e dalla radio vengono trasmesse informazioni contraddittorie e false, le istituzioni non sono al servizio dei cittadini ma, addirittura, contro, come un gruppo di soldati della Guardia  Nazionale, trasformati in una sorta di gruppo di briganti; le uniche informazioni attendibili sono diffuse dai mezzi meno controllati e più liberi, come Internet con i suoi Youtube, blog e social network, o grazie ai telefoni cellulari.

Dato che ci troviamo nel 2007 anche i linguaggi dell’horror sono cambiati e, quindi, ecco che l’apocalisse zombie viene filmata “in diretta” dalle videocamere di un gruppo di studenti di cinema, in viaggio sopra un camper attraverso un brandello di America trasfigurata. Oltre a tutti i risvolti critici e analitici della società, Romero ci fornisce, con questa pellicola, un’altra riflessione: siamo nell’era della comunicazione e dell’informazione, i modi per parlare alla gente si moltiplicano, ma il vero sapere e la consapevolezza della realtà diminuiscono drasticamente.

Il regista americano, infine, realizza, nel 2009, Survival of the Dead, un film con forti tinte western, dove i protagonisti cercano di sopravvivere alla meglio, confinati in un’isola. Romero sembra voler fare una pausa di riflessione sulla sua produzione zombie, ricercando ispirazione e nuovi spunti dal modello classico americano, unito alla sua voglia di analisi sociologica, il tutto supportato dagli zombie; già si possono individuare suggerimenti di futuro cambiamento come il militare di turno, Sarge “Nicotina” Crocket (Alan Van Sprang), che, da tipico cinico soldato spietato, si trasforma gradualmente nel capo tribù che cerca di fare il possibile per salvare gli altri. Purtroppo la pellicola evidenzia la stanchezza del regista, ormai settantatreenne, un film che si trascina senza ritmo né trovate, con uno script mediocre e una regia che, in più punti, appare sciatta. Le situazioni sono straviste e i dialoghi, purtroppo, non rappresentano nessuna novità, ampiamente metabolizzati e utili solo ad avere una sorta di continuo deja-vù-

Così come gli effetti speciali non funzionano, probabilmente per scarsità di budget: basti vedere la brutta scena iniziale che descrive un soldato che fa esplodere la testa a un commilitone divenuto zombie, e la calotta cranica si poggia sul moncherino del collo come l’effetto di un cartone animato.

See You Soon,

Roberto Manuel Palo

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