La vita futura (William Cameron Menzies, 1936)

La Vita Futura di William Cameron Menzies inizia nel Natale del 1936 in casa Cabal a Everytown, si aprono i regali e i nonni sono impressionati dal progresso avuto dai giocattoli dei nipotini rispetto ai soldatini che regalavano loro. A distruggere la serenità del momento è un suono in lontananza somigliante allo scoppio di bombe, un rimbombo continuo. Accendendo la radio, giunge la notizia che una flotta è stata abbattuta da alcuni aerei. E’ scoppiata la guerra e la mobilitazione è immediata. Passano trent’anni e la guerra sembra finita, ma nel Mondo anche il progresso sembra finito in questa vita futura, la società è regredita ai tempi del Medioevo e ad Everytown è scoppiata una strana pestilenza comunemente denominata sindrome del vagabondo. La paura serpeggia e chiunque è sospettato di avere la malattia viene ucciso; questa sindrome distruggerà più della metà della popolazione della Terra ma, improvvisamente, la vita torna ad essere normale e l’ordine a Everytown viene ristabilito grazie ad un orribile dittatore (Ralph Richardson), in una società talmente regredita che non ha più la benzina per far volare i propri aerei, definiti catorci. Il dittatore viene sfidato da John Cabal che, nel frattempo, si era rifugiato in un altro paese ai tempi della guerra e arriva ad Everytown con un aereo tra lo stupore generale degli abitanti. John ha voglia di collaborare e far ritornare il Mondo alla tecnologia precedente e migliorarla nella vita futura ma dovrà fare i conti con la diffidenza del dittatore che è la Legge e lo Stato del luogo.

La Vita Futura non è un capolavoro ma presenta uno degli inizi di pellicola, a mio parere, più belli che siano mai apparsi al cinema. Una scena in particolare deve essere ricordata. Allo scoppio della guerra un padre saluta il proprio figlio e parte. Il bambino, come un vero soldato, si diverte a suonare il tamburello e ad andare avanti e indietro per la stradina a passo di marcia mentre sullo sfondo ci sono le ombre giganti dei soldati che stanno partendo per il fronte. Siamo nel 1936, c’è la tensione e la sensazione che una nuova guerra sia imminente a causa dell’improvvisa caccia agli armamenti e alle politiche di conquista dei vari governi dittatoriali. Il dialogo iniziale in casa Cabal rappresenta l’emblema di tutto questo clima di tensione nella realtà dell’epoca. Menzies dimostra come il progresso viene sì stimolato dalla guerra ma poi dalla stessa viene completamente annientato facendo strada alla miseria e alla malattia.

Chiaramente c’è una netta presa di posizione politica da parte de La Vita Futura sia contro le dittature che contro la censura, favorendo la libertà di parola e il conseguente libero arbitrio da parte dell’essere umano come dimostra il 2037, parte finale di questa pellicola. Ognuno ascolta le varie campanelle e fa la sua scelta che avrà delle conseguenze, l’uomo non è nulla senza la paura e la sofferenza e non ha tempo di riposare.

La Vita Futura è il primo film le cui atmosfere si avvicinano a quelle degli zombie moderni, un film di fantascienza tratto da un romanzo di H.G. Wells che non cita mai la parola zombie ma presenta uno scenario apocalittico, in particolar modo nel post-guerra del 1966, dove il virus della sindrome del vagabondo rende la popolazione lenta, insensibile e infetta. E’ incredibile come, trentadue anni prima de La Notte dei Morti Viventi, vi sembrerà di essere in un film di Romero grazie alla somiglianza impressionante delle movenze degli infettati con tanto di braccia protese in avanti e di cecchini che tentano di centrare il bersaglio. Menzies aveva davvero previsto come sarebbe stata la vita futura!

See You Soon,

Roberto Manuel Palo

 

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