di Francesca Fichera.
Welcome to Mujin. The City of Fog. E sotto la nebbia questa grigia località coreana cela segreti atroci: quando Kang In-ho giunge presso un istituto per sordomuti si trova ben presto a dover fronteggiare verità fra le più terribili che un essere umano possa tollerare. In The Crucible il regista Hwang Dong-hyuk ci mette poco a svelare quel che lacqua e laria torbide nascondono: si scopre quasi nellimmediato, infatti, che lintero personale della scuola, a cominciare dai viscidi gemelli che la dirigono, sottopone i bambini a violenze periodiche ed efferate.
Le scene di stupro e percosse non risparmiano lo spettatore, rendendo la visione, in più di un punto, praticamente insostenibile. Tutte le perversioni sotto la scorza vengono portate alla luce con un interesse e una chiarezza che sfiorano, e talvolta raggiungono, la morbosità. Ed è qui che comincia a trapelare lessenziale carenza di questo legal-thriller Made in Korea. Lestetizzazione del tragico, unita a non rari momenti di ricercato patetismo, converte il discreto montaggio in un effluvio dimmagini e situazioni stancanti e a tratti imbarazzanti. Lefficacia del ritmo e la buona qualità delle riprese sono annullate dalla scarsa originalità dellesposizione narrativa, nonché da un coro di pessime interpretazioni su tutte quella del mono-espressivo protagonista Gong Yoo.
Il film regge bene i suoi tre quarti, ma risulta devastante nel finale, che è telefonato da un senso di ingiustizia universale in cui i diavoli sono la celere e la Chiesa. Qualche somiglianza? In fondo ce ne sono sempre. Peccato che storie vere come quella alla base di The Crucible finiscono con lessere raccontate, spesso e volentieri, abbastanza male. Ma se la finzione con la F maiuscola sta ad indicare il vero messo in ombra dalla bugia, allora va da sé che unopera come The Crucible è troppo piccola per contenere la realtà, anche se mimetizzata.
Un pensiero su “FEFF14: The Crucible (Hwang Dong-hyuk, 2011)”