L’esplosivo piano di Bazil, l’inconfondibile stile di Jean-Pierre Jeunet – di Francesca Casella.
La trama
Marocco. Una mina esplode nel deserto uccidendo un soldato. Parigi. Bazil, bambino viene a sapere della morte del padre. Qualche anno dopo, mentre fa il suo turno di notte in una videoteca, viene colpito da un proiettile in testa.
La sua vita è affidata al lancio della monetina di un chirurgo: continuerà a vivere, ma col proiettile in testa. Dopo qualche giorno trascorso come artista di strada Bazil conosce un gruppo di strambi rigattieri e con loro inizia non solo una seconda vita, ma anche la preparazione della vendetta contro gli armaioli che prima gli hanno ucciso il padre e successivamente lhanno condannato a morire da un momento allaltro.
La critica
Di primo acchito, Lesplosivo piano di Bazil si dimostra essere una vera e propria summa della carriera cinematografica di Jean-Pierre Jeunet. Il film è una delle sue tante favole, scandite da scelte e dal destino che conduce quasi sempre ad un lieto fine.
Ma non solo. Qui, Jeunet fa una vera e propria dichiarazione damore al cinema: il protagonista, Dany Boon in molte scene sacrifica le parole e si dedica totalmente allespressività del movimento e degli sguardi; ricorda fortemente Charlie Chaplin nel suo Le luci della città, con la musica che dà sfondo e voce alla scena.
Il gruppo di personaggi che fa da contorno è ampiamente sfruttato ed ogni personaggio ha un preciso background funzionale alla storia. Come spiega lo stesso regista :da tempo mi frullava in testa lidea di raccontare una storia con dei mercanti darmi. Uomini formali, con dei bei vestiti, una bella famiglia: ma pur sempre persone che creano armi che uccidono. Ma non volevo fare un film intellettuale, volevo la commedia. Allora ho deciso di far scontrare questi mercanti darmi con dei rigattieri che ricordano molto i personaggi di Toy Story.
Personaggi unici, marginali e ingenui.. eppure ognuno di loro ha qualcosa di distintivo ed unico, utile alla trama. E la trama, per quanto tratti un tema serio e per niente caricaturale, mantiene il carattere favolistico che caratterizza tutti i film di Jeunet; situazioni strambe e anacronistiche, tic e particolarità, colori, musiche che rendono, già ad un primo sguardo, riconoscibile il tocco del regista.
Eppure il risultato, nonostante tutto, non è dei migliori: la storia è annacquata dalle troppe sotto-trame e dalle troppe citazioni che danneggiano il ritmo e non lasciano nulla. Probabilmente la collaborazione con Hollywood non giova troppo ad uno dei migliori rappresentanti del cinema Europeo vivente.
