Bad Education - CineFatti

I (don’t) give a damn ‘bout my BAD EDUCATION

Hugh Jackman indossa la maschera della perfezione Made in USA

Solo venerdì scorso Bombshell è esploso su CineFatti e già oggi un secondo biopic dagli states, anche stavolta su uno scandalo. In fin dei conti se non c’è qualcosa di marcio da raccontare gli USA non sanno cosa farsene di una storia vera. Oggi però niente di natura sessuale, no, Bad Education uscito sulla HBO sabato 25 aprile è una finestra di gran finezza sulla frode scoperchiata nel 2002 alla Roslyn High School di New York.

Frank Tassone sudò per arrivare al suo ruolo di soprintendente della Roslyn, lavorò per portarla fra le prime dieci scuole superiori degli states, tenuta in alta stima dalle principali università del paese. Lavorò percependo lo stipendio di un comune amministrativo, al contrario dei dirigenti. Amato, adorato, colto e tipico uomo dotato di un savoir-faire conquistatore: è perfetto, e per interpretarlo ci vuole un uomo perfetto, Hugh Jackman.

Fuori dagli schemi

Cory Finley su sceneggiatura di Mike Makowsky ha per le mani un personaggio che solo dieci o vent’anni fa poteva essere rappresentato come il classico viscido figlio di puttana la cui malvagità ha radici nella sua “perversione sessuale”. Sì, perché il buon Francis Tassone pur fingendo di essere vedevo da una vita non ha in realtà mai avuto una moglie, ma un compagno (più o meno) segreto ben nascosto nell’upper east side di Manhattan.

E non fu l’unico, perché a quanto pare in Nevada fece un nuovo acquisto con un giovane amante, peraltro uno che decenni prima fu persino suo alunno quando era ancora un insegnante d’inglese. Finley avrebbe potuto dipingere Frank Tassone come il più consueto dei mostri biografici statunitensi scolpendo quei dettagli disgustosi, immorali, magari qualche orrendo tick nervoso da mostrare in primissimo piano alla prima occasione.

Hugh Jackman invece è il perfetto mostro da palcoscenico, su cui inizia e conclude Bad Education. Gli affideresti la vita e con molte probabilità ti getteresti nudo sul letto in sua attesa per quanto Finley evita di tratteggiare un personaggio deprecabile anziché l’essere umano splendido qual è. Logico come non si possa fare a meno della scena madre, eppure anche in quel caso siamo spinti a non dubitare delle motivazioni di Tassone.

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Il soffitto è marcio

È possibile perché Makowsky scrive da Dio: il male è svelato con la grazia di una carezza, è il mondo a sgretolarsi a partire dalla consulente legale amministrativa interpretata da Allison Janney e non l’immagine lucida di Tassone. Solo dopo arriva Il piccone che ruppe il silenzio su una frode da oltre 10 milioni di dollari rubati allo stato, piccone col volto di Geraldine Viswanathan, così diversa da Blockers ma sempre bravissima.

Neanche per un minuto Finley cede al sensazionalismo, le avventure amorose di Tassone all’alba del film appaiono persino come un premio alla sua bontà, tale è il buon rapporto con gli studenti, destinato a non essere mai mostrato al suo tramonto, se non quando crolla la maschera dipinta con tanta fatica. E come nella migliore delle consuetudini USA di parlare sfacciatamente dell’attualità, sarà la verità della Viswanathan a farla cadere.

Mentre the Donald nella sua capitale degli states annulla le conferenze stampa perché le ritiene una perdita di tempo, Finley ricorda come il lavoro di un’aspirante giornalista possa cambiare in meglio il paese: cercando la verità. L’articolo che scrisse sul giornale scolastico scatenò un putiferio, ma non fu frutto di chissà quale meticolosa ricerca impossibile, Finley lo mostra come il risultato di negligenza e mancanza di fiducia negli studenti.

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Scalare, non crescere

Sono infinite le chiacchiere sul bene degli alunni agli uffici della Roslyn, talmente tante da non considerare una studentessa al primo anno della sua attività extracurriculare giornalistica un possibile pericolo. Nessuno considera la potenziale minaccia di una ragazza lasciata a rovistare fra le ricevute e i bilanci della scuola, nessuno pensa possa decidere di alzare il telefono e verificarle una a una: fact-checking, la moda del nuovo millennio.

Frank Tassone non è Trump, figuriamoci se la bestia alla Casa Bianca possa mai essere definita perfetta anche solo scherzosamente, la vicinanza fra i due mostri è nella loro inutile vanità e convinzione di poter reggere contro l’innocenza della verità. L’eroina in Bad Education è un concetto da proteggere, da insegnare ai ragazzi ipnotizzati dalla competizione scolastica per raggiungere le migliori università del “fantastico” Nord America.

Altro che rottura del soffitto di cristallo, coronazione dell’american dream, Hugh Jackman incarna nella Roslyn High School il sistema-paese innamorato del proprio riflesso, dimentico delle perdite dal soffitto in numerose sezioni della scuola. Le ignora, il male puoi nasconderlo negli scantinati e nessuno scoprirà mai quegli scheletri nell’armadio, a meno che qualcuno non spezzi l’indifferenza generale e si culli nel crudele canto della verità.

Grande cinema… in tivvù

Se fosse stato acquistato per la distribuzione cinematografica Bad Education avrebbe meritato le attenzioni del Dolby Theatre, pur non essendo già in partenza un favorito agli Oscar: Hugh Jackman non piange, né si sbatte sul volante dell’auto come sembra essere richiesto dall’Academy per ottenere una nomination, se non la vittoria. Ma il lavoro sull’accento di Long Island, il modo in cui si muove sulla scena, sono una trasformazione completa.

Ho letto alcune recensioni definire questo la migliore interpretazione di Hugh Jackman, affermazione con cui potrei essere d’accordo. Questo se non fosse che Hugh Jackman non ha mai recitato male, e se lo ha fatto io forse non l’ho visto. Al massimo sono stati registi e sceneggiatori a non essere alla sua altezza e forse è questa la lente attraverso cui guardare il suo ruolo: è Bad Education a essere la miglior famiglia per il talento di mr. Wolverine.

Vorrei concludere con un passaggio importante: il valore di una comunità lo evinci dalla qualità della sua scuola. È quanto pronuncia il dirigente di Ray Romano, perché se qualcosa capitasse all’istituzione di cui sono i rappresentanti sarebbero risucchiati nel vortice l’economia e la reputazione della comunità. L’imprescindibilità di una good education è alla base dell’intero sistema di cui siamo ospiti, non dovremmo mai dimenticarlo.

2 pensieri su “I (don’t) give a damn ‘bout my BAD EDUCATION

  1. Questo è il genere di biopic che mi piace. Mi piace come approfondiscano certi eventi importanti o di grande rilevanza e soprattutto apprezzo quando non cercano di romanzare troppo la storia. Si può dare alla vicenda un tono romantico e drammatico, ma non per questo ti devi inventare le cose di sana pianta (sì, sono ancora deluso da Bohemian Rapsody).

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