Logan - CineFatti

Logan (James Mangold, 2017)

Il tramonto di Logan.

Le evoluzioni grafiche del MCU da Ant-Man alla Fase 3 ora in atto mi hanno fatto trovare una forma di affetto per l’universo Disney, sempre stato ai miei occhi un gradino sotto gli X-Men, di cui però è impossibile non riconoscere gli orrori della saga dedicata a Wolverine e la confusione stellare dei giovani mutanti. Logan ha silenziato ogni interferenza.

Era una sofferenza vedere tanto talento sprecato. Hugh Jackman è un showman di primo livello, Patrick Stewart un gigante ovunque metta piede, Ian McKellen una creatura delle leggende, gli X-Men hanno sempre avuto un cast dal potenziale cento volte superiore a qualsiasi film orchestrato da Kevin Feige ai Marvel Studios della Disney.

L’urlo della Fox

Perciò è con grande gioia che io, come tantissimi altri, accogliamo Logan a braccia aperte. Un film, uno sfogo della Fox contro se stessa e tutto ciò che ha erroneamente rincorso per anni: budget stratosferici, trame complicate, cast sempre più ampi (Michael Fassbender e Jennifer Lawrence assunti all’epoca della loro crescita attoriale, idem Nicholas Hoult).

Deadpool fu un esperimento riuscito, Logan un progetto ragionato rimbalzato su quel successo, un eccellente ritorno alla forma di James Mangold, perduto dietro le orribili avventure di Wolverine e in filmetti vari dopo il suo biopic Quando l’amore brucia l’anima, pur riproponendo una vecchia trama rivelatasi fallimentare per il collega Jeff Nichols.

Un franchise in estinzione

È il 2029 e un ingrigito Logan lavora come autista di limousine, una mano sul cambio e una alla bottiglia, per guadagnare quanto basta a pagare le medicine al novantenne professor Xavier, curato dal mutante Calibano/Stephen Merchant, nascosto dentro una cisterna in Messico per evitare che le sue crisi possano causare la morte di chiunque gli sia intorno.

Gli altri mutanti sono morti, il gene nuota verso l’estinzione finché non si affaccia una bambina, Laura/Dafne Keen, parte di un progetto scientifico mirato alla creazione di mutanti come armi per l’esercito, vita costruita in laboratorio e trattata come oggetti. Caso vuole che si tratti della “figlia” di Logan, finalmente con una missione in cui credere.

X-Men, invecchiati 17 anni

Siamo appunto alle solite, un/a bambino/a speciale protetto/a dalla famiglia, come Midnight Special, l’esempio d’autore più recente (qui su IndieWire una lista di altri classici più o meno famosi), tema assai sfruttato anche in numerosissime serie quali Believe, Touch, ma stavolta pungente proprio sulla base di un franchise lungo 17 anni.

Conosciamo Logan e il prof. Xavier dal 2000, sappiamo la loro relazione e dove nascondono i loro dubbi, le certezze che li hanno accompagnati per decenni, un background psicologico e narrativo notevole in cui Laura si incastra alla perfezione consegnando coi suoi artigli un finale notevole, struggente, per il tanto amato Wolverine di Hugh Jackman.

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Un finale col botto

È bello poterlo vedere andar via dando il massimo coi suoi artigli, spargendo sangue in ogni dove, parlando come un normale essere umano furioso. L’acceleratore sulla violenza è stata la ciliegina sulla torta, diretta con più calma grazie alla ridotta quantità di personaggi, concentrata su due interpretazioni (Stewart-Jackman) da… Oscar.

Non perché siano perfetti, ma è esattamente quanto ci si aspetterebbe da una cinquina dell’Academy, attori arrivati all’estremo, con la lacrima agli occhi, personaggi ricalibrati per osservare l’interno anziché l’esterno. È Logan, non Wolverine, il costume è la pelle piena di cicatrici, non l’abito classico degli X-Men. Scelta da applaudire.

Lo stesso dicasi per l’azione, coreografata alla perfezione per caratterizzare le personalità dei singoli personaggi: acrobatica e rapida per gli artigli di Laura che recidono in fretta la vita degli avversari, furiosa e cruenta per Logan che affonda le lame nei crani altrui. C’è di che essere soddisfatti anche in questi importanti dettagli.

Logan vi piacerà.

Fausto Vernazzani

Voto: 4/5

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