Luther porta malinconia e dolore nel crime contemporaneo.
Il curriculum di Neil Cross è a disposizione dei britannici da molti anni al contrario di noi italiani, con tradotti solo due suoi romanzi su nove. Il gap si è iniziato però a risolvere con l’uscita su Fox Crime del suo debutto da showrunner nel 2010, Luther.
Un nuovo crime in un palinsesto già saturo di thriller, gialli e commedie sul crimine. Ogni dipartimento possibile e immaginabile delle forze dell’ordine è coperto da un serial dedicato, ma il Luther di Idris Elba senza alcun dubbio sa distinguersi.
È un nuovo protagonista il personaggio titolare solo nel momento in cui lo si considera progenie di una lunga stirpe di detective mediatici, dei cui tanti questi possono definirsi padri di Luther: Sherlock Holmes, Colombo e Philip Marlowe.
Evoluzione del detective
Un frutto nato da 12 anni di esperienze nel genere e con tanti successi letterari alle spalle. Neil Cross ha lanciato nel calderone l’astuzia di Colombo, il talento deduttivo di Sherlock e la sofferente malinconia del Marlowe di Chandler.
La caratteristica originale del DCI John Luther, ciò che lo rende nuovo pur se nel suo senso limitato, è la sua rabbia, quel dolore esplosivo che già dal pilota si mostra quando alla fine di un inseguimento anziché aiutare un criminale, lo lascia morire.
Una morale sporca oppure un’ossessione incontrollabile che lo porta a scegliere di agire anche da giudice ed esecutore della sentenza, qualcosa che deriva da una vita frantumata: il divorzio rumoroso con Zoe, gli sguardi preoccupati dei suoi colleghi.
John Luther ha le spalle coperte di chiacchiere e il riflesso macchiato dalla propria severa coscienza, una mente affollata che prende possesso dello schermo ed evita lo schema solito del procedurale: trama verticale sì, ma soprattutto orizzontale.
Ornamento londinese
Le sue reazioni plateali ai problemi quotidiani e agli sconvolgimenti sul lavoro sono algli estremi della regia di Sam Miller, Brian Kirk e Stefan Schwartz, preoccupati di decorare l’inquadratura ancorando ai confini della macchina da presa i soggetti.
Con tanto decoro su cui lavorare è ovvio come Londra acquisisca una forza maggiore, figurando come comprimaria al fianco degli altri personaggi, come la prima villain Alice/Ruth Wilson e il leale sottoposto Justin Ripley/Warren Brown.
È un must della serialità odierna, soprattutto per i fan delle produzioni inglesi, autori dei migliori crime in circolazione: lo Sherlock di Steven Moffat che ha reso famoso Benedict Cumberbatch in tutto il mondo, la miniserie dark The Fall con Gillian Anderson, la neonata Broadchurch con David Tennant e Olivia Colman.
consiglio anche la miniserie in tre episodi:red riding. Stupenda.
Questa la scarico che il Marshall è imperdibile
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Ce l’ho da anni in attesa di esser vista, Red Riding, ma dopo aver visto al cinema quel capolavoro di Shadow Dancer di James Marsh, penso che non aspetterò più molto!
Fausto
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