Pomodori rossi spiaccicati su Main dans la main – di Fausto Vernazzani.
Un tempo regina dei pomodori, poi scesa per combattere la guerra da lei dichiarata, lattrice ed ora acclamata regista Valérie Donzelli dopo il suo Main dans la main, secondo film in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, meriterebbe di subire la sorte dei suoi titoli.
Pomodori andrebbero lanciati contro di lei, guerra aperta dichiarata e mai restare mani nelle mani come il titolo di questo suo terzo lungometraggio suggerirebbe. Di applausi ne ha ricevuti fin troppi dallauditorium, con un filmetto che rasenta il patetico e il ridicolo.
Protagonista è il magnetismo di cui soffrono tutti i personaggi principali di Main dans la main: Hélène (Valérie Lemercier) è legata allamica Constance al punto da dormire nella stessa stanza con lei e a mantenerla quasi fosse la sua compagna fissa, pur essendo lontana dagli ambienti altolocati della direttrice della scuola di ballo dellOpera parigina.
Joachim (Jérémie Elkaïm) è un ballerino che lavora riparando vetri e specchi in una città di provincia, condividendo lo stesso tetto della sorella sposata che sogna di diventare ballerina. Di colpo, senza una spiegazione, ma con uno stacco di regia insopportabile, Hélène e Joachim sincontrano e diventano inseparabili.
La premessa dun film che poteva risultare divertente e spensierato sfocia nellassurdo, luno copia i movimenti dellaltro e la vita diviene improvvisamente un piccolo inferno per la coppia involontaria. Un susseguirsi di scene ornate ed abbellite da fronzoli e pizzo cinematografico, lunghe sequenze che lavano via il sorriso e contribuiscono alla crescita dun enorme punto interrogativo sulla fronte dogni spettatore.
La regia si lancia in una serie di immagini da film americano di serie B, muore lentamente nel tentativo di suscitare un moto di simpatia ed empatia nei confronti dei personaggi, così mal caratterizzati da creare odio puro nei loro confronti.
Si parla damore e destino, grandi parole che non si addicono alla Donzelli, qui nelle vesti di Veronica (sorella di Joachim), scialba e piatta come pochi film si vedono oggigiorno, fiera di se stessa come la protagonista Hélène ma, proprio come questultima, priva di spessore e di vita.
Main dans la main si rivela dunque un film di fantasmi, uomini e donne che si muovono, ballano su uno schermo che non luccica mai della magia del cinema, ma duna fretta che sembra quasi esser stata creata volontariamente per evitare che lo spettatore si accorga dei poco simpatici nonsense che prendono corpo minuto dopo minuto.
Spera dunque che sulle poltroncine nessuno si accorga delle enormi falle della narrazione e che continui a camminare avanti senza notare gli inciampi e le buche duna sceneggiatura (scritta dalla regista stessa insieme a Jérémie Elkaïm e Gilles Marchand) che fa acqua da tutte le parti.
Non si piange, non si ride, non ci si emoziona, ci si annoia invece, si sbadiglia e ci si imbarazza pensando al solo fatto che qualcuno ha osato produrre e realizzare un film come questo. Un ottimo prodotto pronto a candidarsi per il premio del peggior film di questo Festival.
c’è però l’insostenibile pesantezza degli intellettualini francesi?Quella cosa che fa impazzire i registi democretini nostri? Sai l’intellettualizzazione alla cazzo di cane,ma penso proprio di si.
Però guerra aperta dicono sia un filmone e poi…Oh,ma io sono un occhialuto che intellettualizza alla cazzo di cane! E allora? W la France!
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W la France!
Questa Donzelli invece non saprei, la guerra dichiarata ancora non rientra nella lista dei film visti, ma il desiderio di avvicinarcisi è calato drasticamente dopo cotal orrore che non ha nulla d’intellettuale! Solo scenette d’una cretinaggine poco apprezzabile!
F.
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