di Roberto Manuel Palo.
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Alla voce Dario Argento di Wikipedia compare come incipit la citazione di Alfred Hitchcock che, alla visione de L’uccello dalle piume di cristallo, disse: “Questo giovane ragazzo italiano inizia a preoccuparmi“. Era il 1970. Oggi potrebbe apparire improvvisamente un’altra citazione, stavolta di Uwe Boll (uno dei peggiori registi in circolazione, autore di perle come House of the dead, Alone in the dark e Bloodrayne, per citare le più famose), che reciterebbe: “Questo vecchio ragazzo italiano inizia a farmi concorrenza“
La carriera di Dario Argento si divide in due periodi: il primo periodo, dagli anni Settanta a fine anni Ottanta, che definirei Periodo Creativo, dove Argento sforna la totalità dei suoi capolavori. Il secondo periodo, dagli anni Novanta ad oggi, che definirei Ormai Asia Argento è cresciuta dove il regista capisce che sua figlia ha delle potenzialità per spaccare il mondo. In effetti qualcosa Dario e Asia hanno spaccato, ma non credo sia quello che si auguravano. Inoltre, durante questo periodo, il regista romano è diventato anche molto presuntuoso e con il passare degli anni ha acuito questo modo di fare parlando dei nuovi film da lui diretti come di capolavori e provocando l’ira dei suoi fan di vecchia data.
Ma noi vogliamo ricordarlo nel primo periodo, quando già come critico cinematografico faceva i dispetti andando controcorrente rispetto alla critica ufficiale che, negli anni ’70, non amava molto il cinema di genere, declassandolo a cinema di serie B. Dario Argento, un giorno, mentre scriveva pensò: “Però, son capace, potrei fare lo sceneggiatore“; ed iniziò così la sua luminosa ed oscura carriera.
Nel 1969 ricevette la chiamata e fece voto. Non era il Signore che l’aveva chiamato, ma una sedia da regista. Con il padre Salvatore Argento creò una casa di produzione, la S.E.D.A. Produzioni e così iniziò a girare il primo film della sua carriera, a 29 anni, L’uccello dalle piume di cristallo. Fu un successo di pubblico e diede inizio a quel filone tipicamente italiano chiamato questo ha fatto un film di successo, ora facciamone infiniti cloni che portò l’Italia ad essere invasa da gialli più o meno brutti praticamente identici alla pellicola argentiana. Avete presente il successo, in Giappone, di Jeeg Robot che portò il Giappone ad essere invasa da anime e manga di robottoni (come Gaiking) con storie del tutto identiche a Jeeg? Ecco, uguale. I critici, però, molto più educatamente, chiamarono questo filone giallo all’italiana.
Ma Dario non era un clonatore di se stesso e continuava a creare perle come Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio concludendo così la sua personale Trilogia degli animali. A cosa portò questa trilogia? Portò ad una notorietà internazionale ed alla frase di Hitchcock citata ad inizio articolo. Siamo solo nel 1973 e la notorietà di Dario è arrivata fino in Giappone. Ormai tutti conoscono lo Stile Dario Argento: killer vestito come un maniaco da parco (grosso impermeabile e guanti), morbosa ricerca dei particolari in ogni assassinio, assoluta inutilità della polizia che brancola sempre nel buio e, soprattutto, maniacale cura del colore. Asia non è ancora nata.
Nascerà nel 1975, anno in cui Dario dà vita anche alla sua pellicola più famosa, per alcuni la migliore, per altri la più matura, Profondo Rosso, dove tra l’altro recita anche sua moglie Daria Nicolodi. Argento vanterà la collaborazione con Goblin che daranno vita a molte delle colonne sonore dei suoi successivi film e saranno musiche che resteranno per sempre nell’immaginario comune, a partire proprio da quelle di Profondo Rosso.
Dopo Profondo rosso c’è la svolta. Asia ha solo due anni e il fermento creativo di Dario è ancora lungi dall’esaurirsi. Argento dal thriller passa all’horror grazie all’inserimento di eventi paranormali e demoniaci. Nasce così il primo episodio della celebre Trilogia delle Tre Madri, Suspiria, in cui viene accentuato con maggior forza l’interesse di Dario per il colore, grazie anche ad un grande direttore della fotografia: Luciano Tovoli. Copiosa la presenza di scene splatter, preludio alla sua produzione degli anni ’80, più vicina ai fans che esigono sempre più splatter nei suoi film piuttosto che la creatività “artigianale” che l’aveva contraddistinto fino a quel momento.
Gli anni ’80 sono quelli che vedono la nascita di buoni lavori come il secondo episodio della Trilogia, Inferno (1980), Tenebre (1982), Phenomena (1985) e Opera (1987). Finito il decennio di conseguenza inizia il successivo, gli anni ’90, ovvero quelli del secondo periodo. Asia Argento nel 1993 ha ormai 18 anni. Ora provate ad immaginare un povero padre, nel mezzo del cammin di sua vita, sentire la voce di Asia che dice: “Papà, mi fai recitare? Voglio recitare, voglio recitare, voglio recitare!” per un tot di minuti. A parte ammazzarla affogandola nell’acqua bollente, non può dire altro che: “E va bene, ti faccio recitare!“. Ed inizia così il periodo buio, un periodo che non voglio affrontare perchè fa troppo male. Mi limiterò solo a citare le più clamorose fra le brutte uscite. La prima è proprio l’esordio di Asia, Trauma (1993): mai titolo fu più appropriato per un fan di Dario. Il fantasma dell’opera (1998) lo considero uno dei film più brutti che abbia mai visto, con un Julian Sands veramente scandaloso. Sembrava ci fosse stata una piccola ripresa con Non ho sonno e con le due produzioni americane della serie Masters of Horror: Jenifer (2005) e Pelts (2006), ma la mazzata finale il regista romano la regala nel 2005 quando fa uscire al cinema, dopo proclami d’una presunzione irritante, l’ultimo episodio della Trilogia intitolato, appunto, La terza madre: un vero infarto per tutti gli appassionati del cinema dell’ex maestro del brivido italiano.
Ora sta distribuendo il suo nuovo film Dracula 3D che sarà proiettato fuori concorso alla 65a edizione del Festival di Cannes. L’amore di un fan non muore mai, il lumicino della speranza è sempre acceso. Chissà se Dario tornerà quello di una volta, ma già la parola 3D dopo Dracula non è per niente un buon auspicio. Noi però ci crediamo.
See you soon!
