The Wholly Family (Terry Gilliam, 2011)

di Fausto Vernazzani.

La Pasta Garofalo da un po’ di anni a questa parte ha cominciato a dilettarsi con la produzione cinematografica, finanziando cortometraggi che in un modo o nell’altro avessero all’interno dei riferimenti al cibo e alla cucina. Ad esempio Edo Tagliavini, poco tempo fa nelle sale con il suo lungometraggio Blood Line, diresse un corto quasi completamente girato in green screen con protagonista Alessandro Preziosi nella parte di un cuoco immerso in meravigliose atmosfere noir che hanno mostrato, tra l’altro, il fascino gotico della città di Napoli. Nella terra di Pulcinella nel 2011, grazie a Pasta Garofalo, si è lanciato anche uno dei registi più out – in termini di sanità mentale – d’Europa: Terry Gilliam.

A San Gregorio Armeno Napoli, ogni anno, apre un mercato che inonda lo stretto vicolo di bancarelle e negozi specializzati nella vendita di Presepi e figurini vari, un posto meraviglioso in cui sfido chiunque a riuscire ad andare da parte a parte senza fermarsi a guardare. La sfida la perde un bambino, in vacanza con i genitori, che si blocca di fronte a delle statuine di Pulcinella cominciando a comportarsi in maniera dispettosa e irritante, al punto da innervosire i suoi genitori e incrinare il loro rapporto. Il vecchio gestore della bancarella dei Pulcinella si accorge dell’interesse del bambino e gli mostra le campane dentro cui vi sono le scene della nascita del bambin Gesù e gli chiede “Che cosa saresti disposto a pagare per avere questo?”.

Da qui parte un viaggio onirico e subito è chiaro il gioco del titolo che appare all’inizio del film, ovvero The Wholly Family, ultima fatica dell’ex Monty Python. The Wholly Family è infatti una costruzione linguistica che va a stendersi sulle fondamenta del The Holy Family, giocando molto sull’idea di questo bambino che rompe la tranquillità di famiglia, o delle Famiglie, essendo il titolo riferito a tutti quanti i gruppi familiari che si fermano di fronte alla magica bancarella. Gilliam non è però il tipo da limitarsi a fare una morale con semplici fatti a cui tutti noi potremmo assistere tutti i giorni, ma gioca con la maschera di Pulcinella portando il piccolo in un viaggio da incubo in cui i commedianti lo prendono in giro, gli mostrano ciò che più lui pensa di volere e gli fanno una lezione di storia della sua famiglia, mostrandogli il prima e il dopo la sua nascita, con un punto di vista infantile che è sempre stato proprio del regista dai tempi di quell’anziano giovanotto del Barone di Munchausen.

Premiato agli European Film Awards come Miglior Cortometraggio, il nuovo film di Gilliam rientra coerentemente nel suo stile, lasciandoci cadere nel suo immaginario variegato e vasto coprendoci di colori e folklore napoletano e italiano, tirando fuori dal cappello riferimenti alla superstizione partenopea, ma anche alla fiaba di Pinocchio del fiorentino Collodi. Sono 20 minuti intrisi di follia e inquietudine, scenari opprimenti, ma allo stesso tempo affascinanti come la scena del ballo tra il Padre (Douglas Dean) e la Madre (Cristiana Capotondi) che richiama atmosfere miste tra passato e presente, genitori tutti di una confusione che ha dello stimolante. Quel che resta da fare è solo vederlo, com’è giusto che sia, e il sito della Pasta Garofalo ce lo permette, per cui cliccate qui e riabbracciate Gilliam, ma non date retta al brutto che vedete di Napoli: fatevi prendere dal bello e i vostri occhi vi ringrazieranno.

 

2 pensieri su “The Wholly Family (Terry Gilliam, 2011)

    1. Sono d’accordo! E’ chiaro che non è il Gilliam di una volta, ma qui direi che si tratta di un’opera praticamente su commissione e ristretta dai limiti imposti dalla produzione della Pasta Garofalo, ma anche con quei confini è riuscito a fare qualcosa di folle come sempre! Poi da Campano, mi fa piacere vedere Napoli vista col bene e col male messi uno di fianco all’altro, ma col bene in evidenza!

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