Emmanuelle (Just Jaeckin, 1974)

di Fausto Vernazzani.

Negli anni Settanta il sesso finalmente arriva al cinema con una vera e propria esplosione di nuovi titoli hardcore e softcore. Sono gli anni del cult Gola Profonda e dei primi film dei Re del porno, i fratelli Mitchell, e nel 1974 viene alla luce uno dei più famosi film erotici della storia del cinema: Emmanuelle. Il film di Just Jeackin ebbe un enorme successo tanto da giustificare un’immensa serie di sequel ad esso ispirati, come la serie di Emmanuelle Nera.

Guardare a questi film oggi è una strana esperienza. Così come guardare Indovina chi viene a cena? non emoziona o sconvolge come accadde negli anni della sua uscita, lo stesso vale per quei film che per primi mostrarono una libertà sessuale oggi riesce più facile da immaginare. Emmanuelle (Sylvia Kristel) racconta la storia della moglie di un diplomatico francese a Bangkok, Thailandia. I due hanno una relazione aperta, consentono l’uno all’altro di avere altri amanti, parlandone in tranquillità tra di loro. Tuttavia quando Emmanuelle si trova a conoscere le altre donne francesi lì insediate rimane sconvolta dal modo di cui parlano del rapporto con i loro mariti, riferendosi a tradimenti e inganni nascosti più che ad una semplice libertà sessuale consensuale della coppia.

Sentendosi per la prima volta sessualmente inadeguata segue i consigli della giovane Marie-Ange (Christine Boisson) per poi infine finire tra le braccia di Mario (Alain Cuny), un uomo anziano, un esperto della science erotique che dovrebbe portare Emmanuelle a conoscere le vette più alte del piacere.

Forse dovuto alla necessità di mostrare numerose scene di sesso – mai esplicite – per guadagnarsi i favori di un pubblico pronto e desideroso di essere scandalizzato ed eccitato, il film si perde proprio in esse trascurando l’aspetto narrativo considerandolo più un canovaccio a cui girare attorno e non l’aspetto principale del tutto. Il risultato è che dopo un po’ l’espressione godente e gaudente della Kristel, su cui inevitabilmente la cinepresa deve soffermarsi per non mostrar altro, viene a noia per quanto quel viso sia bello, delicato ed innocente.

Un elemento che ci permette di dare una nota di merito al casting, ma anche alla stessa attrice che tutto sommato sembra trovarsi molto a suo agio in quel ruolo così inconsueto per l’epoca. Tuttavia sfugge il senso ultimo del film, la costante ricerca di un miglioramento sessuale, gli insegnamenti di Mario sembrano limitarsi ad un solo “Svenditi a tutti i thailandesi” senza dare possibilità allo spettatore di capire dove gli insegnamenti di Mario vogliano arrivare.

A rendere poco attraente il film c’è anche da dire che lo stesso cast femminile, eccetto la bella protagonista, lascia molto a desiderare, a cominciare dalla piccola Marie-Ange, la quale, oltre ad avere un aspetto fin troppo giovane per il ruolo che interpreta – aveva solo 18 anni all’uscita del film – ha anche un fisico terrificante ed un cranio dalla forma più aliena che umana. A conti fatti Emmanuelle merita una visione più per motivi di cultura personale che per il piacere di guardare un bel film d’annata.

Inutile sperare in belle ragazze in abiti succinti o scene di particolare impatto, il cinema contemporaneo ci ha abituato a cose che gli esseri umani del 1974 non potevano neanche immaginare.

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