Harry Potter - CineFatti

Harry Potter, una storia d’amore

L’ultima solitudine del discorso amoroso

Questo aprile 2020 per il sottoscritto rappresenta un mese di dolore, la pandemia è solo la ciliegina sulla torta. In un altro mondo avrebbe dovuto essere un mese d’amore, coronato da il primo di una lunga vita di giorni felici. Voglio quindi dedicare una particolare domenica di pasqua proprio a questo argomento: amore. Lo voglio fare riprendendo un’incazzatura ormai fredda riguardo alla saga che ci ha tenuto compagnia in televisione, Harry Potter.

Molti mesi fa lessi un’affermazione su facebook che trovai particolarmente irritante e recitava all’incirca: “una parola per guardare seriamente Harry Potter: mezzosangue“. Mi arrabbiai, perché se c’è una cosa che non tollero è voler individuare nei racconti di genere la ragione per cui andrebbero presi sul serio. Ciak! Magazine in questi giorni su Instagram ha dichiarato di aver incluso Harry Potter nella lista delle grandi commedie.

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Volendo adottare uno sguardo filologico Ciak! non cade in errore. La commèdia e il dramma sono definizioni talmente ampie da poter racchiudere qualsiasi cosa e difatti seguendo l’autorevole vocabolario online della treccani troveremmo al primo gradino delle definizioni proprio quella a cui si appellerebbero i tipi di Ciak:

In senso ampio e generico, opera letteraria, in versi o in prosa, destinata alla rappresentazione scenica, e la rappresentazione stessa, di tono leggero, movimentata nel dialogo e nell’azione, caratterizzata da un alternarsi di situazioni ora liete ora tristi, ma la cui conclusione è di solito lieta.

Tuttavia letteratura e cinema hanno ampliato lo spettro dei generi e Harry Potter è un’opera di così facile catalogazione da essere imbarazzante il sol pensiero di volerlo etichettare in modo diverso da fantasy o fantastico, a seconda dela vostra fedeltà a una lingua o all’altra. Harry Potter come tanti altri personaggi di genere prima di lui, colpevole della sua fama, deve in qualche modo essere integrato nella cultura popolare accettata.

Perché dunque quell’affermazione feisbucchiana sopra riportata mi ha infastidito? Harry Potter ai miei occhi è una lunghissima storia d’amore e in quanto tale è degna di rispetto, senza volerci appiccicare sopra un discorso politico. Certamente la lotta alle discriminazioni è un atto politico e il nazismo è là – esiste un villain più a buon mercato di Adolf Hitler? – ma attraverso gli occhi dei protagonisti vediamo sempre e solo il semplice amore.

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Vivere male l’amour-passion

Ho ripensato a Roland Barthes e alle ragioni che lo portarono a scrivere uno dei suoi capolavori, quei Frammenti di un discorso amoroso pubblicati in Francia nel 1977.

Ve le riporto:

[…] il discorso amoroso è oggi d’una estrema solitudine. Questo discorso è forse parlato da migliaia di individui (chi può dirlo?) ma non è sostenuto da nessuno; esso si trova ad essere completamente abbandonato dai discorsi vicini: oppure è da questi ignorato, svalutato, schernito, tagliato fuori non solo dal potere, ma anche dai suoi meccanismi (scienze, arti, saperi). Quando un discorso viene, dalla sua propria forza, trascinato in questo modo nella deriva dell’inattuale, espulso da ogni forma di gregarietà, non gli resta altro che essere il luogo, non importa quanto esiguo, di un’affermazione.

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Quando il 26 giugno del 1997 iniziò l’avventura dell’undicenne Harry Potter sappiamo come si concluse, il preside di Hogwarts gli raccontò come l’amore lo abbia difeso dalle forze del male. L’amore dei genitori, defunti prima che lui potesse averne anche solo il dolce ricordo di un sorriso. A quanto pare in molti troveranno il messaggio sdolcinato, preferiranno altre avventure in cui la vittoria arriverà col coraggio e la forza della conoscenza.

Mi affascina il modo in cui Barthes definisce l’amore un discorso di solitudine e si adatta senza sbavature al modo in cui Harry Potter – per prenderlo ormai ad esempio – viene redarguito per la sua vena sentimentale e riportato all’ordine di un rilevante discorso politico. Un discorso di azione, di conoscenza, di grandiosità in perenne lotta con l’origine di ogni sua evoluzione narrativa, ovvero le mille forme di amore che muovono i personaggi.

Eppur si muove!

Galileo può strillarlo quanto vuole nella sua cella, ma l’insonnia d’amore di Harry non incontrerà facilmente Meg Ryan in cima a un grattacielo di New York. È però la dolce lettura a cui dovremmo affidarci in ogni maratona televisiva, personale o pensiero legato alla principale saga dei nostri tempi. Dite quello che volete, ma la mia generazione ha il suo vero Guerre Stellari nelle opere letterarie di J.K. Rowling e nessun’altro.

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Carla Fronteddu in un interessante articolo sull’Indiscreto lo scorso novembre spiegò le sue ragioni per cui dovremmo liberarci dell’amore romantico, un archetipo irrealistico lo definisce e trovarsi in disaccordo è difficile. Il vero amore lo troviamo sfogliando un libro o nelle narrazioni audiovisive, ma io mi chiedo perché dovremmo arrenderci e lasciare scappare via una così bella invenzione della mente umana.

So di essere un inguaribile romantico e il cinico di turno potrà farmelo notare quanto vuole, ma faccio parte della generazione Potter e una scrittrice inglese mi ha insegnato che è proprio quella la principale fonte di coraggio. Può spingerti a dedicare l’intera vita alla difesa di un sentimento e morirne, a riconoscerlo nei ricordi altrui e respirarli come fossero propri, a sacrificare sé stessi per un’ideale all’apparenza irraggiungibile.

L’altruismo

I personaggi di cui mi sono innamorato sui libri sono e restano Severus Snape e Neville Longbottom – negli anni mi sono abituato ai nomi inglesi – perché sono i due che per amore farebbero qualsiasi cosa. Sono le due persone che morirebbero seduta stante, senza che nessuno possa averli davvero apprezzati fino in fondo, pur di mantenere alto un sentimento che non è mai potuto essere corrisposto, per un motivo o per un’altro.

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È un insegnamento irrinunciabile secondo me. Voler appiccicare altre etichette e altri significati su Harry Potter equivale a spogliarlo delle sue virtù. Un bellissimo esempio della sua forza fu nel sollevamento delle potterhead contro la stessa Rowling, quando espresse un’opinione transfoba subito accorsero in difesa dei trans. È quanto abbiamo imparato, ed è riassumibile in quello struggente Sempre recitato da Alan Rickman.

4 pensieri su “Harry Potter, una storia d’amore

  1. Questo articolo è veramente pieno di amore, amore verso un’opera che ci ha insegnato quanto quel sentimento sia importante, senza banalizzarlo ma portandolo a livelli altissimi, mostrandoci tutte le sfumature dell’amore e il suo vero potenziale. Harry Potter ha sempre parlato di amore e sono contento di leggere un articolo di questo genere che spiega alla perfezione l’argomento. Poi sia i libri che i film potranno essere imperfetti quanto vogliono, ma l’argomento principale, l’amore, è sempre rimasto un tema centrale e ben realizzato.

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    1. Infatti, nei film con dei grossi buchi di sceneggiatura dovuti alla difficoltà di adattare passo passo romanzi senza ancora un seguito si è perso qualcosa, ma comunque resta la colonna portante dell’amore. E non vedo perché non debba essere riconosciuto, o tacciato come se fosse un argomento da “bambini” o privo di profondità. Certe prese di posizione davvero mi fanno incazzare!

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      1. Diciamo che questi sono commenti superficiali e fidati ce ne sono tanti a riguardo non solo sul mondo di Harry Potter ma anche riguardo ad opere stupende e umane. Sono le persone che tendono a dare per scontato certe cose, non bisogna lasciarsi perdere dallo sconforto.

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  2. Io sono da sempre un grande fan di Harry Potter (i libri, soprattutto, dei film mi piace qualcosa ma non sono all’altezza dei romanzi) e sono pienamente d’accordo con te. Non c’è da banalizzare niente, quella di Harry è una splendida storia che parla di amore, amicizia, altruismo, famiglia, ambizione… Sono tantissimi i temi trattati nei 7 romanzi della Rowling con una profondità notevole e con la capacità di parlare a persone di tutte le età, da ragazzini ad adulti!

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