Ernst Lubitsch

Dialoghi sul cinema – Perché Ernst Lubitsch è il regista dei registi

Ernst Lubitsch 70 anni dopo.

Il 30 novembre 1947 il regista attore e sceneggiatore Ernst Lubitsch moriva a Los Angeles, lontano dalla città che gli aveva dato i natali. Nello stesso anno vinceva l’Oscar alla carriera, l’unico per la sua variegata e brillante filmografia, grazie alla quale aveva guadagnato soltanto tre nomination.

Nel libro Herr Lubitsch Goes to Hollywood: German and American Film After World War I (2005) la studiosa Kristin Thompson ha provato a ricucire i punti della sua figura, ormai archeologica per le generazioni di spettatori più giovani ma tutt’altro che obliata da chi ha fatto il cinema prima e dopo la sua scomparsa.

Bastano poche righe tratte dalle testimonianze di registi e interpreti per rendersi conto dell’immenso impatto di Lubitsch sull’arte della fabbrica, del portato innovativo e insieme fondativo che il suo cinema (scritto, diretto e agito) ha trattenuto e traghettato attraverso l’industria culturale del Novecento fino ai giorni in cui proviamo a restituirvene il senso.

“Hanno detto di lui”

Come riportato dalla Thompson, l’attrice e cantante Jeanette MacDonald, scoperta da Lubitsch e da lui resa protagonista di diverse pellicole, fu una delle prime persone a lasciarne un ricordo a pochissimi giorni da quell’infarto che lo stroncò sul set de La signora in ermellino di Otto Preminger.

Sul set lui aveva tutta la grandezza della sua arte, ma nessuna artisticità. Ho conosciuto tantissimi registi che lo hanno idealizzato ricalcando parte del suo lavoro nelle proprie carriere. E per me lui era il migliore addetto al montaggio sul campo. Soltanto la sera del Ringraziamento mi diceva della mancanza di competenze in fatto di montaggio diffusa fra alcuni registi contemporanei.

Lui montava i film come lavorava sul set: riprendeva solo ciò che volevaVisualizzava nello script il modo preciso in cui desiderava che il film funzionasse sullo schermo e non ho mai sentito che avesse problemi a realizzare una pellicola. Tutti i problemi li mescolava nella sceneggiatura. Invariabilmente i suoi script sono sempre stati quasi i suoi film.

“Come l’avrebbe fatto Lubitsch?”

Ben più celebre è l’aneddoto di Billy Wilder, che per molti anni tenne sulla parete del suo studio il cartello: COME LO AVREBBE FATTO LUBITSCH?

Lo guardavo sempre prima di lavorare a una sceneggiatura o di pianificare un mio film. ‘Quale traccia avrebbe seguito Lubitsch? Come sarebbe riuscito a farla apparire naturale?’ Lubitsch è stato il modello per la mia carriera registica.

Anche Peter Bogdanovich non ha mancato di esprimere la propria ammirazione per l’artista tedesco. Nella sua raccolta di interviste ai grandi registi di Hollywood gli ha addirittura dedicato un capitolo, The Director I Never Met, da cui la Thompson ha tratto l’affermazione seguente:

Lubitsch è anche l’unico autore al quale praticamente qualsiasi regista che ho intervistato si è riferito con rispetto e soggezione come uno dei migliori in assoluto.

Essere o non essere come lui? Impossibile, e forse anche ingiusto, ma la sua arte è a parte e vogliamo che continui a vivere. Anche perché più di qualcosa ci dice che lo farà.

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Francesca Fichera

La traduzione dei brani tratti da Herr Lubitsch Goes to Hollywood: German and American Film after World War I (Thompson, Amsterdam University Press, 2006) è a cura dell’autrice dell’articolo, che vi ringrazia anticipatamente per eventuali citazioni.

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