Il gioco di Gerald - Gerald's Game - CineFatti

Il gioco di Gerald (Mike Flanagan, 2017)

Stephen King al cinema: come Il gioco di Gerald ha cambiato le carte in tavola.

Che i cuori fragili facciano un passo indietro, perché Il gioco di Gerald (Gerald’s Gamenon è il solito thriller. E non vi farà paura come credete che dovrebbe farvene. Anche se c’è la firma di Stephen King, uno che sul piano della scrittura e del racconto del Male degli uomini ha mancato il bersaglio molto di rado.

La riprova viene da una storia semplice quanto geniale, pubblicata per la prima volta nel 1992 (1998 per l’Italia) con un paio di manette in copertina; le stesse che Gerald Burlingame (Bruce Greenwood) richiude sui polsi della moglie Jessie (Carla Gugino) per provare a ridestare un amore nato morto.

Il suo gioco erotico fa però presto a finire in tragedia, così la palla della sopravvivenza passa a Jessie. Sola, ammanettata al letto di una casa a chilometri di distanza dal primo centro abitato, senza cibo e con mezzo bicchiere d’acqua da razionare, l’ex signora Burlingame ha un lungo corridoio d’inferno davanti a sé, popolato da fantasmi passati e presenti.

In fondo al pozzo

Un abisso nel quale King non ha mai esitato a scavare e che il film di Mike Flanagan illumina, rivela, descrive. Senza pietà, senza orpelli, senza colonna sonora: ne Il gioco di Gerald trova spazio solo la musica della memoria. A cantare (per poco) è solo Sam Cooke.

Tutto il resto è un teatro delle crudeltà messo in moto dalla calamita del trauma, che spoglia Jessie dell’illusione di una vita normale scoperchiando le sue ferite, i suoi ricordi, i segreti in fondo al pozzo. Così dietro il volto tremante della Gugino – perfetta anche a sdoppiarsi in corpo martoriato e forza della mente – aleggia l’ombra di Dolores. E del cerchio della maledetta eclissi, del buio che ha mangiato la luce.

Eppure c’è ancora da sperare, da perdonarsi, se la verità è che “hai ricercato la sola dinamica che conoscevi” come la Jessie forte ricorda a quella debole. Un dialogo, una battuta, un primo piano dopo l’altro e la splendida seduta psicologica riscritta da Flanagan e Jeff Howard per gli schermi di Netflix ha già tutto per conquistare tutti.

“Monetine e ostriche”

Ma non può mancare all’appello l’universo di King, a cui regista e sceneggiatore rendono omaggio con una meravigliosa sventagliata di citazioni sia letterali che indirette. Da Cujo Bag of Bones (“the man with the bag of bones“) passando per La storia di Lisey e la già menzionata Dolores Claiborne, che con Il gioco di Gerald condivide lo stesso cielo bruciato dall’eclissi e quell’indimenticabile odore di monetine e ostriche avvertito negli incubi, sono tanti i terrori kinghiani (ri)messi in campo; mariti violenti compresi.

Perché prima che una mostruosa sagoma nera arrivasse a materializzarsi in fondo della stanza – rivelando l’inconfondibile sguardo di Carel Struycken – la minaccia incombeva già sul capo di Jessie, Dolores, Rose e delle tante (troppe) altre come loro. Ed è un bene che la qui presente opera di ricucitura del testo e detestdel Re l’abbia saputo raccontare, in perfetto equilibrio tra fedeltà e tradimento, imitazione e interpretazione, omaggio e rilettura.

Da oggi Flanagan può sedere accanto a Darabont e ad altri più grandi di lui senza sentirsi da meno: grazie al suo talento e a due attori in forma smagliante il verbo kinghiano è tornato a parlare e a splendere attraverso uno schermo. Scusate se è poco e se dopo Il gioco di Gerald attenderemo IT di Muschietti con un livello di esigenza più alto.

Francesca Fichera

Voto: 4/5

18 pensieri su “Il gioco di Gerald (Mike Flanagan, 2017)

  1. Ho letto il romanzo omonimo da cui é tratto e non sono rimasto deluso da questa trasposizione. L’atmosfera é la stessa che avevo immaginato nella lettura del romanzo. Molto buona la gestione degli attori, che non sminuiscono per nulla, la mancanza delle varie voci della protagonista Jessie. In sintesi, soddisfatto del lavoro che é stato fatto: in particolare, meravigliosa anche la fotografia, che rende a pieno le diverse atmosfere della storia!!! :-) :-) :-) :-)

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    1. Sono d’accordo, Riccardo. E ti dirò: non me l’aspettavo. Non conoscevo bene Flanagan e non riponevo grosse aspettative, lo confesso, ma forse proprio per questo sono arrivata alla visione con 0 attese e l’effetto sorpresa è stato massimo. La Gugino bravissima e Greenwood un’ottima spalla, montaggio e scelte registiche attente e raffinate. Emozionante a dir poco. Dopo tante delusioni ci voleva proprio!

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  2. Bellissimo! Un film che funziona alla perfezione perché riesce a tenerti col fiato sospeso anche se sai già come si svilupperà e concluderà la storia. La scena del bicchiere mi ha fatto finire sul bordo della sedia, e la liberazione di Jessie dalla manetta è gory tanto quanto nel libro, cosa che non mi aspettavo.
    Carla Cugino è meravigliosa, regge quasi tutto il film sulle sue spalle insieme a Greenwood, e anche la bambina che interpreta Jessie da piccola è stata davvero bravissima. Le inquadrature con il cielo rosso sangue e l’eclissi sono già tra le mie preferite ever! Chissà se i film di Netflix possono entrare in gara per gli Oscar; se così fosse qui ci sarebbe bne più di un candidato meritevole.
    Bello, bello, bello! E’ uno dei miei libri preferiti di King, e sono contento che abbia avuto un trattamento alla sua altezza; questo è davvero un anno splendido per il Re!

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    1. Direi che con questo ci siamo ripresi da Torre Nera e The Mist (la serie). La vita toglie, la vita dà ;) Ricorderò questo film come uno dei migliori adattamenti kinghiani mai realizzati nella storia. Senza esagerare!

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  3. Non mi aspettavo nulla, nonostante voglia benissimo a Flanagan, e invece eccolo qua, uno degli adattamenti kinghiani migliori di sempre.
    E che bella la Cugino, davvero una Jessie perfetta :)

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    1. Flanagan è un autore sulla cui produzione non mi sono mai soffermata più di tanto e che quest’ultima prova mi ha convinta a recuperare in maniera immediata. E poi sì, chi se la scorda la Jessie della Gugino… :)

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  4. Sto leggendo molte ottime critiche di questo prodotto, e visto che al gioco di Gerald sono affezionato – sono fra i pochi che l’hanno amato subito, appena arrivato in Italia nel 1992 (forse il ’98 era una ristampa), e il me 18enne si è tuffato subito in uno spunto che mi faceva impazzire – non vedo l’ora di vedermi anch’io questo film.
    Cito spesso questo ricordo, cioè che all’epoca si era in pieno processo a Woody Allen e la stampa inseguiva la giovane Soon Yi appena andava in tribunale. Un giorno la ragazza si presentò con “Gerald’s Game” bene in vista, e io ci sformai: ancora non era arrivato in Italia e sperai che la Sperling si sbrigasse! ^_^

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    1. Non conoscevo questo aneddoto, grazie!
      Per il resto credo che il film ti piacerà. Adattare un libro così introspettivo non era impresa facile ma Flanagan nonostante questo se l’è cavata egregiamente :)

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