Un altro me - CineFatti

Un altro me (Claudio Casazza, 2017)

Un altro me, la prova del nove per Claudio Casazza.

Una gran bella scoperta questo Un altro me di Claudio Casazza, vincitore a Novembre scorso del Festival dei Popoli di Firenze. Noi lo abbiamo beccato alle Scuderie Granducali di Seravezza (Toscana) in una delle tappe del tour promozionale che Claudio Casazza stesso sta portando in giro per vari cinema d’Italia dopo l’uscita ufficiale nelle sale del 13 Aprile per la Lab80.

Documentario nel senso più puro del termine, Un altro me è la sintesi filmica di un percorso di osservazione lungo e articolato, durato in totale più di un anno nel carcere di Bollate, dove da diverso tempo si sta sperimentando un nuovo tipo di trattamento intensivo per le persone colpevoli di reati sessuali.

Il trattamento consiste in una serie di incontri e di lunghe discussioni tra i detenuti e un gruppo di psicologi. L’intento è quello di ripercorrere i passi che hanno portato a commettere i reati e di creare uno spazio di dialogo e confronto che porti a una lenta presa di coscienza del reato, così da diminuire il rischio di una recidiva al momento dell’eventuale reintegro nella società.

Come precisato da Claudio Casazza stesso i risultati di questo tipo di trattamento sono stati, dati alla mano, decisamente positivi, con una diminuzione dei recidivi dal 25% al 3%.

Ben cosciente di trattare un argomento controverso e facile da strumentalizzare, Casazza mostra fin da subito, a partire da alcune scelte stilistiche, di volersi porre di fronte alla realtà filmata soltanto in veste di semplice osservatore. Un altro me è un film che evita in tutti i modi di cascare nel vizio giornalistico della ricerca del dettaglio morboso, pur avendo senz’altro a disposizione tutto il materiale necessario per creare un prodotto davvero scioccante.

La profondità

Casazza gioca con la profondità di campo mettendo a fuoco soltanto le quinte degli psicologi intenti a parlare con i detenuti, più precisamente le loro nuche, lasciando questi ultimi invece perennemente fuori fuoco, proprio per non invadere lo spazio intimo delle loro confessioni.

Questo profondo rispetto umano che Casazza mostra verso i suoi protagonisti, se da un lato può rappresentare un freno al potenziale emotivo e, quindi, divulgativo, del film, è in realtà ciò che lo eleva totalmente rispetto a molti prodotti documentari che, per necessità o destinazioni d’uso più definite, finiscono troppo spesso per diventare puro intrattenimento.

Casazza, che ha rifiutato di sapere in anticipo le storie dei detenuti per non essere influenzato nel proprio sguardo durante le riprese, ha un occhio forse troppo scientifico nei confronti della materia trattata, cosa che impedisce spesso al film di diventare veramente sanguigno e di andare davvero a fondo in un’emozione.

Ma per il regista non è quello il punto, poiché la realtà parla già abbastanza forte di per sé. Non servono trucchi che vadano al di là delle semplificazioni del montaggio. Basta uno sguardo sincero e umano, basta un minimo senso etico e, soprattutto, un grande lavoro di sintesi. E bisogna dire che Casazza in tutto questo ha del talento da vendere.

Victor Musetti

Voto: 4/5

2 pensieri su “Un altro me (Claudio Casazza, 2017)

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