Al di là delle montagne - CineFatti

Al di là delle montagne (Jia Zhangke, 2015)

Al di là delle montagne mostra la Cina di ieri, oggi e domani

Non scopriremo mai cosa c’’è Al di là delle montagne, del resto non vi sono monti da attraversare né catene montuose di alcun interesse nel nuovo film di Jia Zhangke, uno dei maggiori autori contemporanei del continente asiatico.

Mountains May Depart, titolo internazionale -– traducendolo dal cinese avremmo dovuto avere qualcosa come I vecchi amici sono come le montagne e i fiumi – distribuito in Italia dalla BIM, è una storia sull’’amicizia divisa in tre tempi distanti tra loro: il 1999 alla vigilia del nuovo millennio, il presente 2015 e un non troppo lontano futuro, il 2025.

Coi piedi saldi nella sua terra, Jia Zhangke riporta lo spettatore a Fenyang, sua città Natale, per introdurci al trio di protagonisti: Tao/Zhao Tao, giovane donna entusiasta della vita, e i suoi due corteggiatori, il semplice minatore Liangzi/Liang Jindong e l’’ambizioso e ricco Jingsheng/Zhang Yi.

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Il triangolo spazio-temporale

Per molti versi un comune triangolo amoroso, una lei contesa dal ricco senza scrupoli e il povero di buon cuore, ma le vie prese non seguono alcun moralismo. Solo l’’aspra critica sociale tipica del cinema di Jia Zhangke ci guida, dando un breve respiro alla leggerezza prima di intraprendere i successivi capitoli, approdando in territori drammatici.

Dal capodanno del 1999 fino a raggiungere la separazione già avvenuta tra i tre nel 2015, allontanandosi con decisione dai protagonisti con un salto al 2025 dove il figlio di Tao, chiamato Dollar per l’’assonanza con il suo nome cinese, Daole, guarda alla sua vita con una nota di nostalgia per la Cina dall’’Australia dove risiede.

Può sembrare complesso trovare un fil rouge che unisce i tre tempi di Al di là delle montagne, perché se dal primo al secondo i collegamenti sono evidenti, il terzo sembra essere su tutt’’altro pianeta -– cos’altro è il futuro in fin dei conti? – da interpretare attraverso una chiave di lettura meno evidente.

La mortalità dei monti

La narrazione non scorre con linearità, forse l’’unico serio difetto di Al di là delle montagne, il terzo capitolo crea una spaccatura insanabile. Sarebbe questo l’’errore in cui da spettatori potremmo incorrere, cedendo al romanticismo delle spiagge australiane e alla malinconia di Dollar, perdendo la (consueta) riflessione sullo sviluppo della Cina in costante esame dall’occhio di Jia Zhangke.

Da una piccola città di provincia il volo verso le ambizioni internazionali della Repubblica, il desiderio di conquista, di incontro con le altre civiltà, tutto a scapito della naturalezza e ciò che vive al suo interno: ambiente, tradizioni, identità.

I vecchi amici sono come le montagne e i fiumi, ma quel “I vecchi amici” è una seconda possibile traduzione di un termine che indica i defunti, così con un sottile gioco di parole Jia Zhangke dà al suo Al di là delle montagne un significato delicato e doloroso.

La Cina monolitica può svanire, Mountains May Depart, le montagne possono morire. Bisogna dunque abbandonare Tao, dimenticare Liangzi e perdonare Jingsheng per lasciarlo alle spalle e concentrarsi sul quadro d’’insieme, sullo sfondo, più volte osservato dietro le spalle di Tao, senza voce, ma non per questo morto.

Chi si aspetta la ferocia di A Touch of Sin potrebbe essere deluso da Al di là delle montagne, un film più accessibile una volta armati di quei piccoli strumenti necessari a reggere le due ore di pellicola, girate con tre diversi formati (4:3, 16:9 e wide screen) per segnare il tempo anche con l’’uso della tecnologia.

Se seguito con cura Al di là delle montagne vi premierà a dovere e se vi avvicinerete soltanto adesso al cinema di Jia Zhangke, vorrete senz’altro correre indietro a recuperare quanto più potete. Ed è bello sapere che in Italia è possibile reperire più di un suo titolo: un trend distributivo che ci auguriamo continuerà.

Fausto Vernazzani

Voto: 4/5

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