Porretta Cinema - foto di Claudio Iannone

Un giorno al Porretta Cinema

Dal Porretta Cinema con amore.

È tutto poesia, eppure è tutto racconto
Francesca Archibugi

Quando racconto agli amici che i paesi dell’Appennino in certi momenti sono più vivi di tante città di pianura è facile incontrare sguardi che non riescono a mascherare il perturbare d’uno scetticismo atavico, dato dal pregiudizio modernista che solo nella città al vita si compia e che quassù siano solo boschi ancestrali, silenzi lunghissimi e nostalgia d’un tempo andato per sempre.

Eppure il Festival del cinema di Porretta è una delle più autorevoli iniziative che rendono l’Appennino tosco-emiliano non soltanto un luogo bellissimo e lontano dalle luci della città, ma anche un centro pulsante di cultura.

Il Porretta Cinema nasce dalle ceneri dellla Mostra internazione del cinema libero attiva dal 1960 al 1982 che vantava nell’organizzazione anche un nome non a caso come Cesare Zavattini e ha portato per due decenni sull’Appennino i migliori cineasti, scrittori e intellettuali d’Italia (Pasolini, Ungaretti, De Sica, Fellini…) e del mondo.

Dal 2002 all’edizione di quest’anno da Porretta sono tornati poi alcuni dei migliori registi in circolazione, nomi altisonanti o ugualmente stimolanti come Bellocchio, Rosi, Loach, Mikhalkov,  Avati, Parker, Monicelli, Gitai, Costa Gravas, Tavernier, Mazzacurati, Tornatore, Ozpetek e quest’anno Francesca Archibugi, a cui di anno in anno vengono dedicate retrospettive e conferiti premi alla carriera.

Il cinema di Porretta si distingue inoltre e soprattutto anche fuori da simili celebrazioni, per un clima informale, sottolineato da un ricco cineclub infrasettimanale e al contempo da proiezioni annunciate talvolta a pennarello su dei fogli A4, quasi a suggerire all’avventore che un cinema è un luogo di passioni svincolate dall’onnipresente compulsione a vendere il biglietto, infine non trattando un film come una merce qualsiasi.

Un’atmosfera rilassata e generosa da taverna appenninica fa il resto (e che online ha fatto sorgere uno dei network più vari e partecipati che si vedano in giro, BAR DIAVOLO, cercare per credere su facebook), tanto che al termine del film di turno è facile e sempre lieto confrontare visioni e umori legati al cinema e non con i gestori Stefano Testa e Giulio Riccioni, e la ciurma di amici e appassionati che il cinema ha saputo trattenere oltre l’orario di proiezione nella  sua saletta informale e accogliente, come avveniva un tempo sovente e adesso solo in luoghi in cui cultura significa ancora incontro.

Parole povere - Porretta Cinema

La giornata di sabato, l’unica a cui riesco a partecipare e integralmente, è di quelle da non perdere e per giunta completamente gratuita. Nonostante conosca ancora poco Francesca Archibugi, ci sono alcuni elementi del suo cinema che concorrono nel creare attesa per la giornata.

Tanto per iniziare, la prima proiezione è Parole povere, un documentario insolito per tema e delicatezza, dedicata al poeta Pierluigi Cappello, maestro di parole e tenerezza sul verso, tanto stimato dalla Archibugi stessa da vedere la sua firma sull’antologia delle poesie complete di Cappello, Azzurro elementare. Il film è presentato da Azzurra D’Agostino per l’associazione locale Sassi Scritti; Azzurra è poeta appenninica di rilievo nazionale e ideatrice di un altro splendido festival di queste montagne schive e generose, L’importanza di essere piccoli, e le sue parole convergono con lo sguardo della Archibugi con leggerezza e ammirevole rispetto per la vita della mente dei poeti.

È una conferma delle doti che già avevo apprezzato nella regista romana nel piacevole Lezioni di volo, ambientato in un’India mai mitizzata e messa al servizio del messaggio filmico, ma lasciata scorrere come la materia di cui sono fatte le storie, come la poesia è fatta anche della vita dei poeti. I versi di Cappello scorrono lenti di poesia in poesia  attraverso momenti informali che fanno da cornice alla biografia insolita del poeta, posta tra le righe, i versi e le immagini che ineluttabili svelano l’autore più di qualsiasi cronaca inopportuna.

C’è poi un valico nel documentario e nella vita del poeta, cui la grazia poetica e la biografia di Cappello pagano un dazio doloroso, il terremoto del Friuli del 1976, la caduta del Muro di Berlino, la fine della grande Jugoslavia… ma tutto scorre, sembra dire il poeta, e il regista, tutto si compie e del tutto noi non siamo che una nota a margine atta al canto.

Del film resta, più che la storia ammirevole di un poeta che si svela poco a poco (“sono nato al di là di questi fogli”) e l’ascolto inframezzato ma costante dei suoi versi così paghi nel restituire visioni esatte a una coscienza inconciliata (“l’autostrada ha tagliato la pancia della valle e la gola agli abitanti”), quella materia intangibile di cui è fatta la poesia e che, da secoli, passa da uomo a uomo come un messaggio cifrato e pieno di grazia, che ristabilisce un senso al segno primigenio, primordiale e, talvolta, terribile del tempo.

Lo stagionale - Porretta Cinema

Al termine della proiezione Porretta accoglie i miei passi e la mia fame, e faccio ritorno al cinema al momento della premiazione di Giampaolo Testa, organizzatore della gloriosa Mostra del cinema libero di Porretta, che avviene tra applausi e sorrisi, e della presentazione del prossimo film a cura del regista.

Prima era stato proclamato il vincitore del concorso Fuori dal giro organizzato dal Festival, che ogni anno sceglie attraverso il voto popolare una pellicola indipendente di merito, e quest’anno è la volta di Last Summer di Leonardo Guerra Seragnoli.

Poi è la volta della nuova proiezione, stavolta tocca a Lo stagionale di Alvaro Bizzarri, docu-film girato con mezzi di fortuna (e all’epoca proiettato personalmente dal regista per vari festival, tra cui quello di Porretta) sulla difficile condizione degli immigrati italiani in Svizzera alla fine degli anni Sessanta; tra essi vi era l’autore, che ne ripropone i motivi ispiratori e celebra il suo ritorno a Porretta, dove Lo stagionale era stato presentato in anteprima e aveva raccolto il consenso di Elio Petri e Gianmaria Volonté, che si occupò persino di finanziarne la diffusione. Il film è illustrativo e didattico per la sua volontà aperta di salire in cattedra e fare una lezione di storia.

Il film di Bizzarri però ha una dote innegabile: dopo cinquant’anni, parla ancora di noi, a noi in quanto italiani, circa il nostro difficile passato da emigranti, anni in cui la Svizzera espelleva centinaia di bambini per difendere le frontiere, condannandoli inesorabilmente a vivere la loro fanciullezza da clandestini, rinchiusi nelle case dei genitori lavoratori per non essere denunciati e rispediti a casa e senza alcuna possibilità di integrazione e apprendimento.

Il finale, enfatico e aperto, dimostra che negli anni si sono persi oltre a certi valori, anche un certo ottimismo circa il futuro e la possibilità di volgere l’ingiustizia sofferta in diritto acquisito.

Opera militante che antepone dichiaratamente il messaggio etico all’estetica filmica e risente inesorabilmente degli anni trascorsi dalla sua realizzazione, ciò nonostante Lo stagionale fa nuova luce su una piega poco o per niente nota agli italiani, che solo pochi decenni fa vivevano con preoccupazione la scure burocratica che si abbatte su chi lascia il proprio paese ma non può lasciare i propri affetti, e che ora tocca ad altri mentre noi recitiamo talvolta il ruolo dei nuovi svizzeri.

E infine è il turno di una delle migliori commedie drammatiche uscite negli ultimi anni in Italia, un film molto sopra la media delle produzioni contemporanee, ancora a cura della Archibugi: Questioni di cuore, che prescinde dalla banalità del disgraziato titolo scelto, facilmente equivocabile per una commediola sentimentale facile facile ed anzi è una storia originale, girata con maestria superlativa e in cui tutti gli attori sono in stato di grazia.

Con Antonio Albanese, Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti e tante celebrità in rapida carrellata (Villaggio, Verdone, Sorrentino, Comencini), è la storia dell’amicizia improvvisa tra due sconosciuti che scocca nel reparto ospedaliero dove entrambi si sono salvati per un pelo dalla morte per infarto occorso nella stessa notte, un’amicizia virile ed incredibilmente romana tra due personaggi agli antipodi: uno sceneggiatore di successo in crisi coniugale e d’ispirazione, l’altro proprietario di una carrozzeria di auto d’epoca con un piede e mezzo nell’illegalità.

Questioni di cuore - Porretta Cinema

Gli eventi, dettati dalle diverse prognosi cliniche, imporranno una scelta sofferta e apparentemente incomprensibile a quello messo peggio tra i due, il carrozziere, che avvicinerà l’altro alla propria famiglia e indirettamente alla insperata risoluzione del suo impasse creativo.

In Questioni di cuore si mostra tutta la maestria dell’Archibugi regista nel tenere sempre in perfetto equilibrio l’instabilità indomita del film, vera motrice dell’intera vicenda, e dell’Archibugi psicologa (come recita la sua laurea) che scombussola lo spettatore da un umore all’altro, dalla risata per una battuta strepitosa alla dolente empatia mossa verso i protagonisti.

Maestria di temi e tatto in un film che esalta il valore dell’amicizia e dei sentimenti primari oltre la morale vigente e le contingenze sfortunate che la vita ci pone, e non si fa mancare un abbozzo di ritratto memorabile della borgata romana aggiornata all’inizio del XXI secolo, tra ragazzini impicciati e nonne all’antica, quell’umanità chiassosa e paradossale che è un mondo intero con proprie regole, vizi e generosità.

Al termine della giornata sosto come sempre un poco oltre la proiezioni tra gli avventori del cinema e la soddisfazione per la maratona filmica che mi sono concesso.

Il festival proseguirà l’indomani e per oggi mi resta la porrettana da percorrere in senso inverso rispetto all’andata, nella notte boschiva che lambisce la statale e popola l’asfalto di cervi e caprioli che possono spuntare sulla carreggiata da un momento all’altro, nel ritorno a casa, per me poco distante.

Mosso verso l’incanto di scenario, dalla convivialità che ha popolato il cinema e la città per tutta la giornata, realizzo infine il messaggio comune ai tre film oggi proiettati al Festival: le storie sono la materia stessa della vita come del cinema e a volte per fare dei grandi film non importano grandi mezzi o storie geniali, ma solo una sana passione per il genere umano, che voglia dirsi attraverso la camera e farsi attraverso la magia del cinema, magia che il cinema di Porretta ancora emana e offre a tutti i suoi avventori.

Luca Buonaguidi

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