Alexandre, un uomo felice

Alexandre, un uomo felice (Yves Robert, 1968)

Il saggio ozio di Alexandre, un uomo felice.

Alexandre, un uomo felice è una fiaba sul diritto all’ozio, un manifesto gentile per la tutela della pigrizia. Scritta e girata da Yver Robert, è una pellicola francese del 1968 ambientata in un villaggio campagna dove un robusto e virulento Philippe Noiret incarna la vicenda di Alexandre, agricoltore-factotum nei suoi cento ettari di terreno, amministrati però dalla bella moglie kapò che non gli lascia un attimo di tregua, inseguendolo e riportandolo ai suoi doveri quotidiani in una routine precisa che lo reprime e ne annienta ogni svago.

Riesce solo a introdurre in casa, a gran fatica, un cagnolino con cui si crea un legame simbiotico, che innesca cambiamenti al segno dell’inoperosità progressiva di Alexandre, che diventa sempre meno docile al volere della moglie-padrone.Un bel giorno (per Alexandre) la moglie muore in un incidente stradale coi suoceri rincoglioniti e lui si ritrova solo col cane.

Prenderà una sola ma fondante scelta: dormire per un paio di mesi, aiutato nelle mansioni di sopravvivenza quotidiane dal fidato amico a quattro zampe che fa il possibile per non farlo alzare dal letto. È l’inizio di una nuova vita per Alexandre, cui però si oppone il villaggio intero: è uno spreco lasciare incolti cento ettari di terreno, un uomo perbene deve lavorare, il suo ozio è uno scandalo e mina alle basi il patto sociale di un paese di lavoratori, insinuando la sua voglia di non fare in insospettabili proseliti.

Gli amici se ne inventeranno di ogni per smuoverlo dal suo sonno proverbiale, ma non potranno niente: ci vorrà una nuova donna per alzarlo dal letto, una donna che poco dopo l’idillio iniziale lo pone alle strette come la moglie defunta e di fronte al bivio noto: libertà totale o vincolo coniugale, sociale e produttivo?

Questo elogio delizioso dell’inoperosità e girato con colori pastello, con sequenze alla Jacques Tati e animato dalle acrobazie del cagnolino addestrato. Spesso ambientato in spazi sterminati che fanno eco a una libertà possibile e opposti alle ristrettezze poste dal lavoro e la moglie ad Alexandre, incarna un attacco pacifico e indolente al fondamento della borghesia del dopoguerra: il mito della produzione.

In repubbliche fondate sul diritto/dovere al lavoro Alexandre è un anarchico che fa della pigrizia il suo sistema, in opposizione involontaria a un sistema invece repressivo in cui l’approvazione degli altri passa attraverso i valori derivanti dall’adesione al mandato del secolo: il capitale; ma sono repubbliche fondate anche sul conformismo di massa, bisogna produrre consenso, ordine, normalità (Leonardo Persia). Chi non lo fa, anche se non lo fa per ragioni strettamente personali, è un nemico da combattere, un nemico del senso comune, perché attraverso lui è possibile tracciare una via d’uscita dal sistema dominante, diviene possibile interrogarsi sul quotidiano, chiedersi: perché?

Poi, fare altro, non fare necessariamente senso, arrendersi al non senso, circondarsi d’Altro o sprofondare nel sonno, a ben vedere l’unica attività umana sicuramente innocua. Perché un pigro è soprattutto questo: chi non vuole lasciare traccia in un mondo in cui tutti vogliono quindici minuti di celebrità, perché la rassegnazione non ha nulla da invidiare alleroismo (Pier Paolo Pasolini) così il futile all’utile e l’ozio all’attivismo che spesso muta volontariamente in nuovo laborioso schiavismo.

Luca Buonaguidi

 

 

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