I segreti di Osage County (John Wells, 2013)

Che restino coperti i segreti di Osage County

La persona e il personaggio di Violet (Meryl Streep, che dire che è brava è ormai quasi un’offesa) hanno un’unica fede: quella dell’apparenza. A evidenziarlo, e in maniera piuttosto grossolana,  è innanzitutto una battuta, forse la sola che de I segreti di Osage County veramente si ricorda: “l’unica donna abbastanza bella da poter fare a meno del trucco era Elizabeth Taylor, e lei se ne metteva una tonnellata”.

Così la parola d’ordine per Violet, affetta da un cancro alla lingua che le dà il tormento e per il quale s’imbottisce di pillole, di maquillage e di parrucche, è: coprire. Lo è stata per tutta la vita, lo sarà anche adesso che quella stessa vita sta volgendo al termine.

Ritratto di famiglia

Prima però è la volta di suo marito Beverly, anziano poeta amico della bottiglia. La sua morte è l’evento decisivo perché la sgangherata famiglia Weston si ritrovi nello stesso posto e alla stessa tavola, con tutti i rischi che questo comporta.

Violet infatti, come copre il suo capo con le parrucche, così vomita la sua personalità sugli altri, a costo di schiacciarli, di calpestare il bocciolo di qualsiasi fiore; poco importa se le vittime sono le sue figlie. La prima di queste, palesemente cresciuta nella sua ombra al punto da lasciarsene influenzare, è Barbara (Julia Roberts da Oscar, ma c’è chi è più valida). Schietta fino ai limiti del caustico, ha una famiglia di facciata della cui distruzione non dice una parola in pubblico – almeno finché questo le è concesso.

In tal caso uno Ewan McGregor lontanissimo dai fasti di Trainspotting  imprime il suo segno personale nei panni di una discreta spalla.

Ci sono poi la fragile Ivy (Julianne Nicholson) e l’ingenua Karen (Juliette Lewis, dimentica del concetto di varietà). Due stereotipi su gambe che però rientrano perfettamente nel ridicolo teatrino messo in piedi dalla regia di John Wells.

Parenti serpenti? Anche no

Il fatto che Tracy Letts abbia dato vita a storie mastodontiche come quella alla base di Killer Joe non vuol dire che centri sempre il punto. E non implica, allo stesso modo, che da un buon testo di partenza si riesca a trarre un film del medesimo tenore.

C’è chi ha paragonato I segreti di Osage County Parenti serpenti di Mario Monicelli, che è un po’ come dire – per citare il nostro Fausto: casa mia e casa tua s’assomigliano perché in entrambe c’è un divano. Ora, tralasciando il fatto che ignoriamo i motivi precisi del paragone, quel che è certo è che non basta la comunanza di argomenti per definire simili due termini – com’è certo che una qualsiasi opera andrebbe giudicata per quel che è in sé.

Ne consegue che I segreti di Osage County, da solo, non funziona fino in fondo: ha un’anima inutilmente logorroica, che cresce fin dai titoli d’apertura per esplodere nella scena – assurta a simbolo del film – del pranzo di famiglia.

Si può quasi guardare

Qualche cattiveria lì, qualche caratterista là, l’eleganza di Benedict Cumberbatch che simula goffaggine fra una tensione e l’altra, il nero del lutto in penombra fotografato da Adriano Goldman (Jane Eyre), lo scatto di rabbia della Roberts, un Gustavo Santaolalla stranamente dimenticabile alla colonna sonora, l’onnipresenza – per volere del regista – dei paesaggi ariosi dell’ Oklahoma.

Tutto sembra corrispondere a quanto scritto da Dana Stevens su Slate – «uno stracotto stufato di star del cinema» – o da Steven Rea sul Philadelphia Inquirer – «è Julia Roberts che rende il film guardabile» – anche se vero solo in parte perché la Streep, per quanto monotona, difficilmente perde lo smalto.

Forse è più corretto AO Scott del New York Times nel sostenere che «il signor Wells abbia semplicemente gestito male il materiale, calpestando sottigliezze e soffocando i momenti di bravura». C’è da aggiungere: con una sequela insulsa di colpi di scena da soap-opera e un finale retoricamente psicoanalitico.

Francesca Fichera

Voto: 2/5

5 pensieri su “I segreti di Osage County (John Wells, 2013)

  1. ho un metodo infallibile: ti fa schifo il trailer,fa schifo anche il film. Perchè se il trailer che deve esser il meglio,anche farlocco,dell’opera che dovresti vedere , è un insieme di cazzate figurati il film.
    E poi ci tengo a precisare che la lewis in sostanza non è mai stata una grande attrice , meglio di asia argento certo…ma mai una grande attrice

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    1. In realtà non è sempre così, anzi, anche spesso. Porto molte volte ad esempio il trailer di The Reader (quello italiano), un film che ho avuto modo di apprezzare ma le cui aspettative mi furono ingrandite dal trailer, generando in me una certa delusione. Ecco, il trailer a volte pompa aspetti di un film che in quel film effettivamente non ci sono. Come altre volte, invece, lo copre a prescindere con un’aura di mediocrità e disprezzo – per non parlare poi di quando traduce male i dialoghi, come nell’ultimo di TheLegoMovie -.-“.
      Però, certo, se valutiamo il caso di opere come The Butler, allora è naturale: da tutto quel PACCHIANO cosa può venir fuori? Nel caso di Osage County, invece, il passaggio del trailer è stato saltato a pie’ pari, e l’eccesso di recensioni positive italiane ha funzionato da deterrente, lo ammetto :P

      Sulla Lewis, che dire, ormai recita lo stesso ruolo da un numero di anni di cui ho perso il conto. Mi piacque molto solo in Strange Days, ma forse perché amai particolarmente il film in sé. La preferisco come cantante, mi diverte di più :D

      – Fran

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