Il grande e potente Oz (Sam Raimi, 2013)

di Fausto Vernazzani.

Provaci ancora, Sam. Lo dicemmo anni fa, dopo il terribile Spiderman 3 e per fortuna Sam Raimi tornò con la buona horror comedy, Drag Me to Hell. Sembrava l’avessimo recuperato, che il delirio di onnipotenza si fosse fermato con il terzo capitolo del cinecomic, che la colpa fosse solo dei produttori e di nessun altro. Non era affatto così.

Sopravvive in superficie la sua identità, il suo gioco cinefilo a grana grossa nascosto in campo aperto, il suo tipico protagonista sotto sotto davvero idiota come sembra, ma della sua personalità, quel lato di lui capace di rendere un film interessante, è scomparso in un gioco di prestigio mal riuscito. Oz: The Great and Powerful, finito nelle sue mani dopo una marcia gestazione in grembo alla Disney, è il prequel de Il Mago di Oz (di Victor Fleming, non di L. Frank Baum) slegato da qualunque possibile riferimento letterario di base.

L’eroe è Oscar Diggs, detto Oz, un donnaiolo e un mago da quattro soldi di un circo itinerante, così desideroso di diventare Il grande e potente Oz da non muovere mai un dito per raggiungere il suo obiettivo. Nel corso di una delle sue tante fughe dalle responsabilità, Oscar si ritrova di colpo nel bel mezzo di un tornado nelle pianure del Kansas, ciclone che lo trasporta nel magico mondo di Oz. Lì scopre che una profezia lo vede protagonista della salvezza di quel mondo, dominato dalla malvagia strega Evanora. Imbroglione e falso come suo solito, cercherà di ottenere l’oro e il potere con l’inganno, finché insieme agli amici incontrati sul percorso di mattoni d’oro non capisce quale sia la sua vera natura.

La noia è brutale. La banalità è atroce. Mitchell Kapner e David Lindsay-Abaire, colpevoli di non aver scritto una sceneggiatura degna di tal nome, andrebbero puniti dalla Strega Cattiva, costretti ad un mondo costruito su personaggi di una prevedibilità disarmante, non solo perché, in effetti, il finale è noto a tutti i conoscitori del film precedente – nonché delle varie riproposizioni televisive e del romanzo stesso -, ma soprattutto per via di una caratterizzazione tanto scarsa da non creare il minimo legame emotivo tra noi spettatori e loro.

Poco può fare un cast di (più o meno) rilievo, con le star del momento James Franco, nell’antipatico ruolo titolare, e Mila Kunis (Theodora), terribile più del suo solito; a far la differenza sono solo in due, e non è certo Rachel Weisz (Evanora), costretta in un costume che urla VILLAIN! sin dalle prime scene, bensì di Zach Braff, voce della scimmia Finley, e Michelle Williams (Glinda), intensa anche nei suoi ruoli più inspidi.

Un’avventura in 3D poco avventurosa, piena di cadute, voli e corse improvvise. Tipica attrazione di Gardaland insomma.
Non certo per accusare un 3D che se utilizzato bene può divertire (la saga Journey tratta dai romanzi di Verne insegna), ma per denigrare la terribile regia di Raimi, piatta ed inespressiva, ma peggio ancora, visibile: non esiste la magia, lo scheletro è visibile a tutti, mostrando a prima visione le falle degli effetti speciali, la cui struttura esterna è già vista sia in Harry Potter e Dragonball, per citare spettatori più attenti di me.

Si potrebbe dire “è un film per bambini in fondo” – a mio parere un’offesa che gioca molto sulla non-conoscenza degli schemi precedenti dello spettatore medio -, ma la mia risposta a quest’argomentazione sarà sempre una ed una sola: la Pixar fa capolavori per tutti, bambini inclusi. Non resta altro da dire, dopo avervi vivamente sconsigliato la visione de Il grande e potente Oz, se non una cosa: provaci ancora, Sam. Sappiamo che puoi.

2 pensieri su “Il grande e potente Oz (Sam Raimi, 2013)

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