Alì ha gli occhi azzurri

Roma2012: Alì ha gli occhi azzurri (Claudio Giovannesi, 2012)

Alì ha gli occhi azzurri: il razzismo travestito da buonismo – di Fausto Vernazzani.

Gocce di buonismo sciolgono lo schermo su cui Alì ha gli occhi azzurri è stato proiettato al Festival Internazionale del Film di Roma, come apertura ufficiale del cinema italiano per il concorso principale dell’evento, opera seconda del regista Claudio Giovannesi.

Sfortuna vuole che il buonismo è un sostantivo d’accezione negativa e il primo film italiano per gli spettatori dell’Auditorium Parco della Musica è un tripudio d’involontario razzismo dovuto al solito e tremolante lavorio sugli stereotipi che tanto se la comandano nel nostro panorama cinematografico.

Se ci si offende per il ritratto che Woody Allen ha dipinto dell’Italia con il suo A Roma con amore, la comunità araba dovrebbe infuriarsi per le costanti offese volte al popolo degli immigrati che abita lo schermo delle sale dove Alì farà sfoggio delle sue lenti a contatto azzurre.

La storia è quella di Nader, un ragazzo di sedici anni di origini egiziane nato e vissuto in Italia con la sua famiglia di musulmani ligi alle strette regole del Corano o, per meglio dire, di chi ha voluto dargli un’interpretazione così severa. Il suo migliore amico è Stefano (Stefano Rabatti), un ragazzo che come tanti (?) si droga ed aggredisce la gente, la sua ragazza invece è Brigitte (Brigitte Apruzzesi), bella, bionda e che non si cura della provenienza del suo fidanzato.

Scintilla che scatena le vicende di Alì ha gli occhi azzurri è l’imposizione dei genitori di Nader: non dovrà avere alcuna ragazza che non sia egiziana e non dovrà avere rapporti con alcuna donna. La reazione che padre e madre ottengono è l’ovvia fuga del figlio, il quale, desideroso di smettere di essere egiziano e di diventare italiano, vaga cercando rifugio tra le persone costantemente deluse dal suo comportamento.

L’ellissi è uno dei problemi principali del film di Giovannesi: numerose azioni non ci è dato vederle, specialmente le più “cruente” (se così le vogliamo chiamare), lasciate andar via come se non fossero nulla d’importante; volontà del regista che spinge così senza volerlo a tifare ancor di più contro il povero Nader, interpretato con non poca confusione da Nader Sarhan.

Un egiziano che sogna di diventare italiano, non d’essere accettato, perché così è già nella multiculturale e multietnica Ostia della vuota provincia romana – ben rappresentata, diamo a Cesare quel che è di Cesare – sul cui teatrino corrono però dei personaggi poco credibili con in allegato una serie di dialoghi dalla banalità disarmante.

Lenti a contatto azzurre per cambiare, valori da sorpassare per poter “scopare” con chi vuole (Nader ci tiene a sottolinearlo più volte), clan rumeni che cercano vendetta e l’ossessivo voler sottolineare che arabi ed italiani sono diversi, dando sfortunatamente l’impressione che ad esser migliori siano gli italiani.

Il perdono è solo in mano a chi è nato entro i confini italici. Non aiuta la regia, costituita da un’infinità di riprese a spalla tremolanti che agitano lo spettatore dal mal di testa crescente: si inseguono i protagonisti col loro volto in primo piano, li si segue aprendo loro la strada, ma il risultato è solo quello di farci chiedere perché ad un certo punto non ci si sia arresi all’utilizzo di un classico carrello.

8 pensieri su “Roma2012: Alì ha gli occhi azzurri (Claudio Giovannesi, 2012)

  1. dopo la tua recensione fatta con la precisione e l’attenta analisi di sempre, credo proprio che sarà un film che non andrò a vedere <3"

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  2. Fausto, guarda che Alì ha gli occhi azzurri è una citazione di pasolini… Che fa il gioco con le lenti a contatto azzurre di Nader, che è una cosa che l’attore faceva veramente da ragazzino. Il film è un espansione drammatizzata di un episodio di Fratelli D’Italia, altro film di Giovannesi.

    Detto questo, il razzismo lo hai voluto vedere tu. Se devo rappresentare una famiglia con problemi non posso dargli un figlio pezzo di pane solo perchè altrimenti pare brutto. La storia è quella di forte disagio, e forte disagio c’è, per tutti. (Tranne la ragazza, devo dire)

    Ma poi fammi capire il film è buonista o razzista? Perchè tutte e due le cose insieme non lo può essere. Più semplicemente mette in scena una realtà complessa in cui l’ambiente sociale, le esperienze e la pressione degli altri fanno pendere le persone vero una parte o vero l’altra. In presenza di una sitauzione disagiata la cosa è solo più forte.

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    1. Ammetto l’ignoranza riguardo al riferimento al titolo, l’ho scoperto troppo tempo dopo aver scritto la recensione. Aggiungo che, però, nonostante Nader davvero indossi lenti azzurre e che si tratti di un’espansione d’un episodio filmico diretto da Giovannesi, non salvano il film. Per me, il film in sé, non è valido.

      Il razzismo purtroppo non sono stato l’unico a vederlo, vorrei fosse così, almeno mi sarei sbagliato, ma anche altre persone con cui mi sono confrontato hanno avuto la stessa sensazione. La scelta di rappresentare quella situazione non è razzista, è razzista il modo in cui è stata sviluppata, i cliché sull’immigrato si ripetono uno dopo l’altro, cliché che non fanno altro che sottolineare un’idea che di fondo è razzista. Voler dire in continuazione “siamo diversi” o “voglio essere italiano” mostrando una spaccatura tra i personaggi italiani (positivi) e quelli stranieri (negativi) è, per me, razzista!

      Il buonismo e il razzismo per me possono convivere, in particolar modo quando il razzismo non è voluto, ma frutto del voler rappresentare una realtà (con un certo buonismo e molta faciloneria) con gli occhi di chi vede le cose solo in categorie ed etichette. Le etichette qui sono chiare: i musulmani sono antiquati, severi e carcerieri nei confronti dei loro figli, i rumeni o son criminali o son prostitute. Questa netta distinzione, senza dare qualche sfaccettatura in più è razzista. Il buonismo sta nel nasconderlo nelle buone intenzioni, lungi da me pensare che Giovannesi sia razzista, non lo conosco e non lo si potrebbe mai dire dai suoi film, fatto sta che quello che ne esce fuori è un giudizio negativo dato agli stranieri d’Italia, personaggi “buoni” solo finché desiderano d’essere italiani.

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