Blue Valentine (Derek Cianfrance, 2010)

Ascoltate Blue Valentine a vostro rischio e pericolo

Ossessione Ryan Gosling. Che da dinoccolato Young Hercules si trasforma in ebreo neo-nazi spaccaculi, poi in aitante amante di provincia, poi ancora in sociopatico con un debole per le bambole di plastica.

Eletto personaggio più cool dell’anno 2011, si lascia alle spalle i recenti ruoli di bad ass (Drive) e di latin lover che scopre i sentimenti (Crazy, Stupid, Love) per i quali si fa notare ai Golden Globes ma viene ignorato agli Oscar.

Sentite come suona male il tasto dolente? Hanno tralasciato perfino Ides of March, quando anche pochi secondi di un suo primo piano renderebbero lecito il tiro al bersaglio con la statuetta dell’Academy – senza sciupare troppo il soggetto però, mi raccomando assai.

Una sfortunata rapsodia in blu

Ma poi che ne è stato di Blue Valentine? Rapsodia in blu di un amore, dramma fluorescente di una coppia in crisi, fotografia in digitale di un confronto estenuante fra passato e attualità. Dove Ryan appare stempiato, indurito dagli anni e dalle rinunce, ma alle ragioni di quest’ultime disperatamente aggrappato.

Accanto a lui una matura Michelle Williams nel ruolo di donna sgretolata dal senso di colpa e dalle paure che esso genera come un ventre instancabile – e il suo, all’inizio della storia, dà alla luce una bimba concepita “per errore”.

Paura di amare

Blue Valentine, film d’esordio del documentarista Derek Cianfrance presentato al Sundance Film Festival nel 2010, è una delle più tristi ballate metropolitane che il nostro tempo potesse mai trovare il coraggio di scrivere e cantare.

Arriva di soppiatto, con i suoi dolorosi e continui flashback, con i contrasti fra la luce color pesca del ricordo – che pur sbiadisce – e l’azzurro cupo del presente, dove i contorni delle cose sono fin troppo chiari, al nocciolo amaro della questione: la difficoltà del sentimento quando il terrore abita il cuore.

Perché, a scanso di qualche equivocabile passaggio della sceneggiatura – concepita dal regista insieme con Joey Curtis e Cami Delavigne – non c’è karma che tenga: se chi ama finisce col ferire chi non dovrebbe è perché ha cominciato ad amare a metà, permettendosi il lusso di sguazzare nella paura per la restante parte. Non c’è futuro per chi ha dimenticato, il passato non esiste per chi non comprende che il tempo attuale, in perpetua oscillazione, è prezioso.

I pugni nello stomaco

Questo è l’inizio della fine impressionato da Andrij Parekh (fotografia) sulle pareti bluastre della “camera del futuro” dove Cindy (Michelle) e Dean (Ryan) si concedono il tentativo di un riavvicinamento. Violentemente reali sullo sfondo di immagini e musiche – quelle dei Grizzly Bear – che appaiono sognate.

Il risultato è un pugno allo stomaco dato al rallentatore.

La Williams che allarga le narici trattenendo a stento l’isteria; Gosling, allegoria di una speranza sgusciata fuori dal mondo, che emana rabbia e stanchezza da ogni gesto. Lei notata dall’Academy (nomination per Miglior Attrice Protagonista) lui no. Eppure questa piccola tragedia contemporanea segna il suo punto finale in Dean, nella sua fronte tirata, in quei colpi fin troppo sinceri dati al muro.

Che è l’unico oggetto che vi verrà in mente alla fine, quando vi chiederete il perché di una serie infinita di cose.

Francesca Fichera

Voto: 4/5

8 pensieri su “Blue Valentine (Derek Cianfrance, 2010)

  1. Ottima disamina. Tra l’altro brucia anche a me che il buon Rayan non sia stato per nulla calcolato da quei tizi lì (e io sono maschio :D). Però rimane sto film che è bellissimo – ne ho parlato anche io – e proprio per questo non vedremo mai qui…

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    1. Andrò a leggere quel che hai scritto, senz’altro. :) Contenta che bruci anche a te l’esclusione di Ryan dalle nomination, nonostante non siano coinvolti direttamente gli ormoni :P Io lo seguo fin da “The Believer” e ho avuto modo di prendere atto, oltre che del suo fascino (ci tengo a sottolinearlo!), della sua bravura e versatilità. Questo molto prima che diventasse un personaggio in voga, diciamo così. Al momento fra quelle citate mi manca soltanto la sua interpretazione in “Drive”, che per motivi di studio non sono riuscita a beccare al cinema, sigh sob.

      Ci rileggiamo

      Fran

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      1. Anche io lo seguo da quel film, e l’ho seguito per tutta la carriera. Tra l’altro la sua interpretazione che preferisco è quella in Stay. Drive devi vederlo assolutamente perchè avrebbe meritato incetta di oscar.

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  2. Frannie, i gusti simili erano già emersi ma questa dichiarazione d’amore per Ryan Gosling ti porta di diritto nell’Olimpo dei miei mentori cinematografici! Non ho visto questo film ma lo guarderò sicuramente.

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    1. Ma grazie assai, mi lusinghi! E non può che farmi un immenso piacere il trovare “affinità elettive” con chi mi legge. Soprattutto se si parla di Ryan. Oddio, temo che diventerò psicotica se continuo a parlarne :P Però è bravo e bello, due qualità che di solito non legano, quindi… meglio star qui a sottolinearlo!

      Il film può avere effetti collaterali: non va guardato in periodi di eccessivo stress psicologico ;)

      Ci si riscrive/rilegge!

      Fran

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  3. Bellissima recensione, mi sei piaciuta molto quando hai scritto: “se chi ama finisce col ferire chi non dovrebbe è perché ha cominciato ad amare a metà, permettendosi il lusso di sguazzare nella paura per la restante parte. Non c’è futuro per chi ha dimenticato, il passato non esiste per chi non comprende che il tempo attuale, in perpetua oscillazione, è prezioso”. Baci

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